Sei fatti fondamentali ricavati dalla storia dell'estetica
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Cominciamo dalla seconda
questione. Anche se N. non si pone la questione dell'arte come manifestazione
della cultura, soltanto una riflessione sull'estetica ci consente di capire
l'interpretazione nietzscheana dell'arte; peraltro egli si muove in linea con
la tradizione. Secondo quest'ultima, la riflessione sul sapere dell'arte и
denominata estetica, il cui oggetto и il comportamento sensibile e lo stato
sentimentale in rapporto al bello. Il termine "estetica" per
designare la riflessione sul bello e sull'arte и recente, e risale al XVIII
secolo, ma tale riflessione и antica. Per connotare l'essenza dell'estetica, il
suo ruolo entro il pensiero metafisico e il suo riferimento alla storia
dell'arte europea, prendiamo in considerazione sei fatti fondamentali.
1) La grande arte
greca и priva di una corrispondente riflessione concettuale che la pensi. Ciт
non significa che tale arte sia solo "vissuta". Piuttosto, essa si
manifesta in un contesto di lucido sapere, cosм da non avere bisogno di
un'estetica.
2) L'estetica
nasce presso i Greci quando la grande arte, nonchи la grande filosofia che le и
parallela, si approssima alla fine. In tale periodo, con Platone ed Aristotele,
vengono coniati quei concetti fondamentali che da allora in poi definiranno
ogni posizione dell'arte.
Anzitutto la
coppia di concetti materia - forma (ylи - morfи). Questa concezione ha origine
nella concezione dell'ente, fondata da Platone, che guarda al suo aspetto :
eмdos, idиa. Dove l'ente viene percepito come ente e distinto dagli altri in
base al suo aspetto, i suoi confini sono avvertiti come limitazione interna ed
esterna. La forma и ciт che delimita, ciт che и delimitato la materia. A questa
coppia di concetti si unisce un altro termine, la tиcne, con cui i Greci
denominano sia l'arte che l'artigianato. Con ciт non si intende equiparare
l'arte all'artigianato: la tиcne non и un semplice fare o un produrre, ma un
tipo di sapere che guida ogni iniziativa umana. Successivamente, con l'emergere
della distinzione di materia e forma, il termine perde la sua forza semantica
originaria e viene riferita alla fabbricazione di cose belle, e quindi la
riflessione su questi concetti si sposta nell'ambito dell'estetica.
3) Il terzo fatto
coincide con l'inizio dell'etа moderna. L'uomo e il suo sapere diventano il luogo
della decisione che stabilisce come l'ente vada sperimentato, determinato e
configurato. La libera presa di posizione dell'uomo, il suo modo di sentire le
cose, in breve: il suo gusto, diventano il tribunale che decide dell'ente. In
metafisica, la certezza dell'essere e la sua veritа sono fondate
sull'autocoscienza del cogito. La stessa riflessione sul bello viene riferita
in modo esclusivo allo stato sentimentale dell'uomo. E' in questo periodo che
l'estetica viene fondata e praticata consapevolmente. Di pari passo la grande
arte si avvia verso la decadenza. Tale decadenza non consiste in una peggiore
qualitа del prodotto, ma nel fatto che l'arte non assolve piщ il compito di
rendere manifesta nelle opere la veritа dell'ente nel suo insieme. Da qui capiamo
il quarto fatto:
4) La grande arte
и alla fine nel momento in cui l'estetica raggiunge la sua massima altezza. La
grandezza di questa estetica consiste proprio nel riconoscere la fine della
grande arte: tale estetica и quella di Hegel. Egli non ha inteso negare la
possibilitа e l'esistenza di singole opere d'arte, ma affermare che essa ha
perduto per sempre il suo potere assoluto. Da ciт deriva la posizione dell'arte
nel XIX secolo, che puт essere indicata in un quinto punto.
5) Il XIX secolo,
in relazione alla decadenza dell'arte che perde la sua essenza, osa compiere,
ad opera di Richard Wagner, il tentativo dell' "opera d'arte totale".
Essa consiste nel fatto che tutte le arti, e in funzione predominante la poesia
e la musica, devono essere congiunte in una sola opera. Inoltre, l'arte deve
diventare la celebrazione della comunitа del popolo, la sua religione.
L' "opera
d'arte totale" realizza il dominio dell'arte come musica, e con esso il
dominio dello stato sentimentale puro, dissolvendo ogni elemento stabile nel
languido, nell'evanescente, esaltando la sfrenatezza dei sensi: "l'estasi
del sonnambulo", come la definisce Nietzsche. Nell' "opera d'arte
totale" l'arte deve ridiventare bisogno assoluto, ma l'assoluto и
concepito ormai come sentimento puro; per questo il tentativo di Wagner и
destinato al fallimento. D'altro canto, fu proprio questa ebbrezza sentimentale
dell'opera wagneriana ad incantare il giovane Nietzsche per quella dimensione
che egli poi definм dionisiaca. Mentre Wagner tuttavia cercava la mera
esaltazione del dionisiaco, N. mirava a domarlo, a dargli forma: la rottura fra
i due era inevitabile.
Nel XIX secolo il
sapere dell'arte, in corrispondenza alla crescente incapacitа di un sapere
metafisico, si trasforma in una indagine scientifica sui puri fatti della
storia dell'arte. La storia dell'arte e la dimensione estetica, diventano
oggetto di una ricerca condotta con i metodi delle scienze naturali. Ma tale
lavoro e fervore intorno all'arte, non и altro che il proscenio di quell'accadere
che N. enunciт come nichilismo. Con questo arriviamo all'indicazione
dell'ultimo fatto fondamentale:
6) Ciт che Hegel
ha enunciato riguardo all'arte - l'aver perso la potenza di configurare
l'assoluto - N. lo ha riconosciuto riguardo i "valori supremi". Ma
mentre per Hegel и l'arte, e non la religione, la morale e la filosofia, a
cadere vittima del nichilismo, per N., al contrario, l'arte rappresenta il
contromovimento.
Mentre inoltre
per Hegel l'arte diviene oggetto di un sapere metafisico, N. considera la
riflessione sull'arte una "fisiologia dell'arte". "L'estetica и
per l'appunto nient'altro che una fisiologia applicata", egli scrive
infatti in Nietzsche contra Wagner del 1888. Dunque, da un lato l'arte и il
contromovimento che si oppone al nichilismo, dall'altro и
"fisiologia": indagine scientifica degli stati e dei processi
corporali e delle cause che li provocano.
L'ebbrezza come
stato estetico
Vista
dall'esterno questa posizione sembra assurda: come puт l'arte porre nuovi
criteri e valori se viene ricondotta a processi nervosi e a semplici relazioni
causali? Per cercare di cogliere una unitа fra cose apparentemente
contrastanti, esamineremo un abbozzo di N., comprendente una sequenza di
diciasette appunti numerati, intitolato "Per la fisiologia
dell'arte", che si trova tra i piani della "Volontа di potenza".
Nonostante tale abbozzo non contenga un'idea direttrice visibile, fornisce
tuttavia un quadro di ciт di cui si deve trattare.
"Per la
fisiologia dell'arte"
Per determinare meglio
il materiale, seguiremo un duplice filo conduttore: anzitutto la considerazione
della dottrina della volontа di potenza, quindi le dottrine capitali
dell'estetica tradizionale.
La questione
dell'arte in N. и estetica, poichи essa viene determinata facendo ricorso allo
stato sentimentale dell'uomo a cui appartengono la produzione e la fruizione
del bello. Ma questa estetica deve essere fisiologia: gli stati sentimentali
sono indagati nella loro corrispondenza con gli stati corporei. E' l'unitа
psicosomatica dell'uomo ad essere posta come ambito degli stati estetici;
quindi quando N. parla di fisiologia intende anche l'ambito psicologico.
Leggiamo
innanzitutto un passo del Crepuscolo degli idoli (1888), intitolato "Per
la psicologia dell'artista". In esso N. afferma che lo stato estetico
fondamentale и l'ebbrezza, nelle sue varie forme (derivanti da eccitazione
sessuale, dagli affetti forti, dalla festa, da narcotici, ecc.). Possiamo
confrontare questo passo con il brano 798 della Volontа di potenza, in cui N.
parla di "due stati nei quali l'arte stessa insorge nell'uomo come una
forza della natura". Questi stati sono l'apollineo e il dionisiaco, che
vengono concepiti quindi come la condizione preliminare dell'arte. Tali
concetti erano giа stati sviluppati nella Nascita della tragedia, nella quale,
in particolare, l'apollineo e il dionisiaco venivano associati ai fenomeni
fisiologici del sogno e dell'ebbrezza. Anche nel frammento 798 della Volontа di
potenza l'apollineo ha il carattere del sogno, e il dionisiaco dell'ebbrezza.
Ora perт, nel passo del Crepuscolo degli idoli, si afferma che anche
l'apollineo и una specie di ebbrezza: l'ebbrezza diviene lo stato estetico
fondamentale.
A questo punto,
occorre pertanto chiarire: 1) Qual и l'essenza generale dell'ebbrezza? 2) In
quale senso essa и lo stato estetico fondamentale?
Alla prima
domanda N., nel Crepuscolo degli idoli, dа una risposta concisa:
"L'essenziale nell'ebbrezza и il sentimento del potenziamento della forza
e della pienezza". L'ebbrezza ora и definita come un sentimento. Il
sentimento, come si и precedentemente chiarito, и il modo come ci troviamo
presso di noi e presso le cose; и la disposizione in virtщ della quale noi
siamo trasportati al di lа di noi stessi. Ora, che l'ebbrezza sia un sentimento
non и in contraddizione col fatto che essa sia uno stato fisiologico. Noi non
"abbiamo" un corpo, ma "siamo" corpi; il sentirsi, nel
sentimento, и il modo nel quale noi siamo un corpo in carne e ossa in una certa
disposizione d'animo.
Ora, nell'ebbrezza
и contenuto sia il sentimento del potenziamento della forza che il sentimento
della pienezza. Il potenziamento della forza non sta ad indicare tanto un
"di piщ", una crescita di forza, ma deve essere inteso come una
disposizione d'animo verso l'ente nella quale l'ente stesso и esperito come piщ
ricco e piщ essenziale. Analogamente, la pienezza indica la massima apertura e
la massima esaltazione.
Si potrebbe
connotare l'ebbrezza anche come una passione, in quanto non и uno stato
passeggero, ma qualcosa che permane. Rimane comunque difficile applicare
all'ebbrezza termini quali sentimento, affetto, passione.
Per quanto
riguarda la seconda domanda, dobbiamo chiederci, secondo le parole di N., in
quale senso l' ebbrezza и "inevitabile" perchи vi sia arte, se essa
sia soltanto una condizione dell'arte o la fonte perenne. Abbiamo visto che
l'ebbrezza и una disposizione d'animo che ci apre fino alla pienezza delle
nostre facoltа, le quali si stimolano e si esaltano a vicenda. Procediamo
continuando a domandare che cosa и determinante in questa disposizione perchи
possa essere chiamata estetica.
La dottrina
kantiana del bello. Il suo fraintendimento a opera di Schopenhauer e di
Nietzsche
Non vi и in N.
una esposizione costruita e fondata sul bello e sulla bellezza. Le sue tesi
risultano dal rovesciamento delle vedute estetiche di Schopenhauer. Queste,
esposte nel terzo libro del Mondo come volontа e rappresentazione, non sono ben
fondate, ma sono un fraintendimento dell'estetica kantiana.
Il
fraintendimento delle idee di Kant sul bello e sull'arte, non riguarda solo
Schopenhauer e Nietzsche, ma gran parte della storia della filosofia. Tale
fraintendimento nasce da una asserzione di Kant sul bello, sviluppata nei parr.
2-5 della Critica del Giudizio. "Bello", per Kant, и ciт che piace
soltanto in modo puro, "senza interesse". Per Schopenhauer ciт si
identifica nella sospensione della volontа; in N., secondo uno schema di
contrapposizione, "bello" diviene l'ebbrezza, ossia il contrario di ogni
"piacere disinteressato".
Ma in Kant
l'espressione "piacere disinteressato", lungi dall' indicare
un'indifferenza verso l'oggetto, al contrario, ne и una valorizzazione. In Kant
il termine "interesse" ha una valenza negativa, sta a indicare ciт
che puт distoglierci dall'individuazione del bello in quanto tale. Solo dopo
aver messo da parte ogni "interesse", possiamo cogliere l'oggetto nel
suo proprio rango e nella sua dignitа, e quindi nella sua bellezza.
Peraltro, il
fraintendimento dell'estetica kantiana и un limite che N. condivide con il
proprio tempo. Perт ora si tratta di capire, all'interno di tale contesto
storico, ciт che N. dice sulla bellezza. Anch'egli determina il bello come ciт
che piace, inteso come ciт che ci si addice, che ci corrisponde. Il bello и
dunque ciт che apprezziamo e veneriamo come l'immagine-modello (Vor-bild) del
nostro essere. N. scrive che il bello "и l'estasi di essere nel nostro
mondo", ossia mediante il bello l'uomo penetra in uno stato fondamentale
in cui perviene alla pienezza fondata sulla sua essenza. Una cosa analoga Kant
intende con il "piacere della riflessione", quale comportamento
fondamentale in rapporto al bello. Ora, tale stato, per N., e un
elevarci-al-di-lа-di-noi nella pienezza delle nostre facoltа essenziali: in altri
termini tale stato coincide con l'ebbrezza.
L'ebbrezza come
forza creatrice di forme
Cerchiamo ora di
demarcare meglio l'ambito dello stato estetico. Per N. l'essenza del creare non
и sviluppata partendo dall'essenza di ciт che и creato, dall'opera, ma dallo stato
del comportamento estetico. Da un lato, per N., il creare и un atto vitale, un
produrre condizionato dall'ebbrezza, di cui и possibile fornire una descrizione
fisiologica: dilatazione vascolare, temperatura, secrezione, ecc.; dall'altro,
il creare и legato all'essenza dell'ebbrezza e della bellezza, ed implica
l'andare-al-di-lа-di-sи, il vedere le cose in modo "piщ pieno",
"piщ semplice", piщ intenso". Questo aspetto del creare viene
definito da Nietzsche "idealizzare", ossia "estrapolare i tratti
capitali". L' "idealizzare" и il segno supremo della potenza,
poichи in esso i contrasti sono domati: "Che non sia necessaria alcuna
violenza, che tutto segua, obbedisca con tanta facilitа, facendo buon viso
all'obbedienza - ciт delizia la volontа di potenza dell'artista". (La
volontа di potenza, n. 821).
Lo stato estetico
di chi recepisce l'opera d'arte и visto da N. in corrispondenza con lo stato di
coloro che creano: recepire l'arte и un rivivere il creare.
Quanto esposto
finora ci consente di cogliere nello stato estetico non soltanto meccanismi
psicosomatici, ma piuttosto i processi dell'"idealizzare" e dell'
"estrapolare i tratti capitali". Il sentimento estetico non и perciт
una commozione cieca e passeggera, ma и riferito a una struttura, ossia, nella terminologia
dell'estetica usata da N., ad una "forma". N. spiega la
"forma" come un "esporsi", un "farsi pubblico", e
in ciт si avvicina al significato originario del termine. I Greci chiamavano
"forma" (morfи) la figura, l'aspetto di un ente (eмdos), ciт in cui
l'ente si espone e viene alla luce. La forma va visto in relazione
all'ebbrezza. Quest'ultimo termine non rinvia al caos, ma all'opposto, indica
la vittoria della forma che fonda l'ambito in cui l'ebbrezza diviene possibile
come tale.
Il termine "forma"
non va visto inoltre in opposizione al "contenuto". "Forma"
non и "margine", limite esterno di un contenuto, ma sua componente
essenziale; la forma и l'unico vero contenuto.
Ora perт, quando
N. tenta di caratterizzare le leggi della forma, nomina quelle leggi logiche e
matematiche, che sono viste a loro volta in relazione alla vita fisiologica.
"I sentimenti logici", "il piacere dell'ordinato", che
costituiscono la base dei giudizi di valore estetico, non sono altro che i
sentimenti di tutti gli esseri organici "in rapporto alla pericolositа
della loro situazione, o alla difficoltа del loro nutrimento".
Occorre tuttavia
determinare meglio l'ambito in cui si collocano tutti questi elementi:
l'ebbrezza quale stato estetico fondamentale, la bellezza, e gli stati del
creare e del recepire; quindi la forma e il "sentimento
dell'ordinato" quale condizione della vita fisiologica.
Cerchiamo di
chiarire, semplificandole, le connotazioni fin qui date da N.. Limitiamoci ai
due termini essenziali dell'ebbrezza e della bellezza, che stanno fra di loro
in un rapporto reciproco. L'ebbrezza и la disposizione fondamentale; la
bellezza ciт che predispone e determina. A prima vista si potrebbe definire la
prima come l'elemento soggettivo, la seconda, quello oggettivo. L'ebbrezza
tuttavia fa saltare la soggettivitа del soggetto: in essa infatti il soggetto и
andato al di lа di sи; la bellezza, d'altra parte, spezza il cerchio
dell'oggetto separato e a sи stante - giacchи una bellezza in sи non esiste - e
lo porta alla coappartenenza essenziale e originaria con il soggetto.
Lo stato estetico
dunque non и nи oggettivo nи soggettivo; i due termini fondamentali, ebbrezza e
bellezza, denominano con la stessa estensione l'intero stato estetico.
Il grande stile
N. parla di "grande
stile", quando si riferisce a quella realtа dell'arte pervenuta alla sua
essenza. Il grande stile и lontano dall'arte "eroica" e
"tronfia" di Wagner, ed implica la padronanza della misura e della
legge, nonchи la calma propria delle anime forti. Lo stile severo, classico, и
quello che maggiormente si avvicina ad esso. "Lo stile classico
rappresenta essenzialmente questa calma, semplificazione, abbreviazione,
concentrazione - il sentimento sommo della potenza и concentrato nel tipo
classico". (La volontа di potenza, n. 799).
Nel grande stile
trovano la loro sintesi anche l'arte come contromovimento che si oppone al
nichilismo, e l'arte come oggetto della fisiologia. Il grande stile esige, da
un lato, la misura e la legge che vengono poste nel domare il caos e l'elemento
dell'ebbrezza, e quindi presuppone la dimensione fisiologica; dall'altro, esso
и rango e decisione, necessari per porre misure e valori nuovi per realizzare
il contromovimento. L'arte come grande stile и la semplice calma che domina, conservandola,
la somma pienezza della vita e riconduce ad unitа gli opposti. Cosм questa
estetica viene portata oltre se stessa: gli stati artistici sono colti in modo
estremo, lа dove massimamente si distaccano dallo spirito, nella dimensione
fisiologica
Associando il
grande stile al gusto classico, N. non intende riferirsi al classicismo, che
egli associa alla mancanza di contrasti, alla povertа interiore. Il classico,
piщ che a un'epoca dell'arte, и una struttura dell'esistenza, la cui condizione
fondamentale и costituita dal dominio della legge sul caos, che si compie
all'insegna di una originaria libertа.
Nelle riflessioni
di N. che cercano di fissare la differenza tra classico e romantico, si puт
definire l'essenza dell'arte di grande stile e coglierne la dimensione
formatrice e creativa. Riferendosi ai concetti di classico e romantico, N. non
pensa all'arte intorno al 1800, ma all'arte di Wagner e alla tragedia greca.
Nel "classico", ciт che crea и la pienezza e la sovrabbondanza; nel "romantico",
и invece l'insufficienza, la mancanza. Il primo и "attivo", il
secondo "reattivo". Tale distinzione di attivo e reattivo si
interseca con un'altra, quella di essere e divenire, che tuttavia non manca di
ambiguitа. Cosм, ad es., l'esigenza di divenire - di divenire altro, e quindi
di distruzione - puт essere sia espressione di "forza stracolma e gravida
di futuro", come nell'arte dionisiaca, ma puт appartenere anche
all'insoddisfazione e all'odio. Analogamente, l'esigenza di essere puт derivare
sia dalla pienezza che dalla sofferenza, come nel "pessimismo
romantico" di Wagner.
Il classico и
desiderio di essere che proviene dalla pienezza, e in questo senso "stile
classico" e "grande stile" paiono coincidere. Quest'ultimo,
perт, come essenza vera e propria dell'arte, rinvia ad una unitа piщ originaria
di attivo e reattivo e di essere e divenire. Da questo punto di vista,
dall'essenza dell'arte come grande stile, si chiarisce la posizione metafisica
di fondo di N.: il grande stile и il sentimento sommo della potenza, e la
potenza и il dominio della calma che conserva e trasfigura gli opposti.
La fondazione
delle cinque tesi sull'arte
Dall'essenza
dell'arte puт scaturire la fondazione delle cinque tesi fornulate in precedenza.
La prima tesi dice che l'arte и la forma piщ nota e piщ trasparente della
volontа di potenza. Questa tesi si puт chiarire nel modo seguente. L'arte и la
forma a noi piщ nota poichи и uno stato dell'uomo, dunque di noi stessi, e
questo ha la sua fondazione nella concezione del modo secondo cui и data la
dimensione in cui, dal punto di vista estetico, l'arte и reale; ossia,
nell'ebbrezza della vita fisiologica del corpo. Dal momento che l'arte ha il
proprio fondamento nello stato estetico, e questo и concepito in termini
fisiologici, essa и la dimensione nella quale l'ente diventa per noi piщ
perscrutabile.
La seconda tesi,
che dice che l'arte deve essere concepita dalla prospettiva dell'artista, si
dimostra considerando che solo nell'attivitа produttrice dell'artista diviene
reale la creazione dell'arte. Da questa posizione и garantito l'accesso al
creare in generale, e quindi alla volontа di potenza.
La terza tesi
dice che l'arte и l'accadere fondamentale nell'ente nel suo insieme. Questa
tesi, insieme alla quarta, che dice che l'arte и il contromovimento che si
oppone al nichilismo, puт essere fondata soltanto a partire dalla quinta tesi.
E' solo partendo da quest'ultima, che dice che l'arte vale piщ della veritа - e
quindi conferisce alla prima un primato unico - che si puт stabilire che l'arte
и l'accadere fondamentale. Per fondare questa tesi occorre rispondere alla
domanda preliminare della filosofia, sull'essenza della veritа.
La discrepanza,
che suscita sgomento, tra arte e veritа
Secondo N., in un
appunto del 1888, il rapporto tra arte e veritа и una discrepanza che suscita
sgomento:
"Il rapporto
dell'arte con la veritа и stata la prima cosa che mi ha impensierito: e ancora
adesso sto, con un sacro sgomento, dinanzi a questa discrepanza".
Per vedere in
quale misura l'arte entra in rapporto con la veritа, bisogna dire in modo piщ
chiaro di quanto si sia fatto finora che cosa intende Nietzsche con questo
termine. Diventa necessario a questo punto procedere a un chiarimento
preliminare sul concetto di veritа. Va sottolineato che: 1) la necessitа del
chiarimento trova la sua ragione nella velatezza dell'essenza delle parole
fondamentali come veritа, bellezza, essere, conoscenza. La stessa esistenza
umana и espressamente rinviata ai riferimenti nominati in tali concetti. Il
termine "veritа", come tutte le parole fondamentali, ha diversi
significati, fra loro connessi storicamente e necessariamente. Esso и dunque
storico, sia nel senso che i significati sono diversi da epoca a epoca, sia che
и fondatore di storia, a seconda dell'interpretazione che diviene dominante. 2)
Vi sono due linee capitali entro le quali i significati di tali parole
oscillano: la linea essenziale e la linea distolta dall'essenza. Il termine
"veritа" puт riferirsi alla prima, quando denomina l'essenza del
vero, e in tal caso la veritа и una soltanto, o all'altra, quando si riferisce
a un certo particolare vero, e allora ammette il plurale. Si ritiene
abitualmente che nel primo caso si denomini l'universale, nel secondo i casi
particolari che cadono sotto di esso. Senonchи questa и una semplificazione
che, portando a identificare l'essenza come qualcosa di immutabile, ne
misconosce il carattere storico. L'unitа dell'essenza puт essere pensata
tuttavia anche attraverso il mutamento: infatti ciт che и mutato puт diventare
quell'Uno che vale per i molti; ciт che si mantiene и l'elemento immutabile che
и durevolmente presente nel suo mutamento.
Ora, per quanto
riguarda N., la parola "veritа" si muove lungo la linea distolta
dall'essenza. Ciт vuol dire che N. non pone la questione autentica dell'essenza
del vero, e quindi della necessaria possibilitа del mutamento della sua essenza
e non sviluppa nemmeno l'ambito di questa questione. Tale omissione peraltro
riguarda l'intera storia della filosofia occidentale.
Ma che cosa и il
vero, ciт che soddisfa l'essenza della veritа? Il vero и il vero ente, ciт che
и in veritа reale; questo vuol dire: ciт che и conosciuto, soltanto nella
conocenza, infatti, il vero viene fissato come tale. E conoscere и sempre
un'adeguazione alla cosa, "un commisurarsi con".., per cui и insito
nel vero il riferimento a un qualche parametro. Ma per chiarire meglio
l'essenza del conoscere descriviamo, nei suoi tratti capitali, due specie
fondamentali di conoscenza: la concezione del platonismo e quella positivista.
La veritа nel
platonismo e nel positivismo. Il tentativo nietzscheano di rovesciare il
platonismo in base all'esperienza fondamentale del nichilismo
Nel platonismo il
conoscere и un'adeguazione all' idea, intesa come realtа soprasensibile; и un
commisurarsi ad esso, rappresentandolo. Alla base di tale concezione c'и una
determinata interpretazione dell'essere; tale forma di conoscenza ha un senso
soltanto sul terreno della metafisica. Anche per il positivismo il conoscere и
un commisurare, ma ciт che costituisce il parametro и il positum, ossia il
sensibile. Per N. la questione della veritа si mantiene nell'ambito del
pensiero occidentale, per quanto si discosti nel particolare dai pensatori
precedenti: conoscere и cogliere il reale in termini teorico-scientifici. La
veritа и l'oggetto a cui si riferisce il conoscere; mentre l'arte и un creare
riferito alla bellezza. Ma per quanto riguarda la questione del rapporto tra
arte e veritа che suscita sgomento, occorre un ulteriore chiarimento sul
rapporto tra la sua concezione e gli indirizzi del platonismo e del
positivismo. Egli stesso definisce la sua concezione un platonismo rovesciato:
mentre per Platone il sovrasensisbile и il vero ente e il sensibile deve essere
commisurato ad esso, nella prospettiva del rovesciamento, il sensibile diventa
l'ente vero e proprio. Con ciт sembrerebbe che la posizione di N. si
identifichi con quella del positivismo. In realtа il rovesciamento nietzscheano
va compreso alla luce dell'esperienza fondamentale del nichilismo e della
svalutazione dei valori supremi che in esso si attua, che portano la forza
dell'esistenza storica dei popoli a indebolirsi. Ma il nichilismo trova la sua
origine proprio nel primato del soprasensibile, che si realizza nel platonismo
e successivamente nel cristianesimo, una sorta di "platonismo per il
popolo". In tale ottica, rovesciare il platonismo non significa solo
sostituire meccanicamente un punto di vista gnoseologico con un altro, quello
del positivismo. Oltre a diroccare il primato del soprasensibile, il
rovesciamento significa anche: cercare e stabilire ciт che и. Significa
mantenere, in comune con il platonismo, la convinzione che sia la veritа,
assicurata per la via della conoscenza, a fornire l'ambito per la nuova
fondazione dell'esistenza. E questa viene ancorata al sensibile, che viene
dichiarato il vero ente, e viene salvato, in opposizione al platonismo e al
nichilismo. Ora, anche l'arte, come contromovimento che si oppone al nichilismo,
si muove nella stessa direzione. Ecco quindi che arte e veritа, creare e
conoscere si incontrano nella prospettiva che mira a salvare il sensibile e a
superare il nichilismo.
Ambito e contesto
della riflessione di Platone sul rapporto tra arte e veritа
Nel platonismo,
in cui il soprasensibile и la veritа e l'arte in quanto affermazione del
sensibile и rinnegata, il rapporto arte-veritа и evidentemente un rapporto di
antitesi, quindi di discrepanza; viceversa, in una situazione rovesciata, tale
discrepanza dovrebbe essere eliminata. Eppure N. dice che il rapporto arte e
veritа и una discrepanza che genera sgomento. Dobbiamo capire il senso di
queste parole se vogliamo cogliere la posizione metafisica di N.. Partiremo
dalla posizione filosofica di Platone: la questione se nel platonismo sussista
necessariamente un contrasto tra la veritа e l'arte va risolta in base alla sua
opera.
Platone pone la
questione del rapporto tra arte e veritа nella Repubblica, il grande dialogo
sullo Stato nel quale la forma fondamentale della comunitа umana viene fondata
sul sapere. Si decide dell'essenza dell'arte e del suo ruolo entro lo Stato in
base al rapporto con l'ente e all'essenza della veritа. L'arte, a differenza
della filosofia che и elevata al rango supremo, ha una posizione subordinata
all'interno della comunitа, in quanto и mмmesis, riproduzione, imitazione e
reca in sи il pericolo della illusione e della menzogna. Nel decimo libro della
Repubblica si approfondisce il concetto di mмmesis e si decide del rapporto tra
arte e veritа.
La
"Repubblica " di Platone: la distanza dell'arte (mimesi) dalla veritа
(idea)
Per comprendere
l'essenza della mimesi, occorre sottolineare che per Platone l'imitare si muove
nell'ambito del fabbricare, in senso ampio, in relazione all'unicitа dell'idea.
Ogni cosa che viene fabbricata da un produttore si mantiene nell'ambito
dell'idea che fa da guida a quest'ultimo. Ma ci sono due modi sostanzialmente
diversi di produrre: uno, proprio dell'artigiano, che consiste nel far apparire
l'idea nella materia; e un altro, proprio dell'artista, che la fa apparire
nell'immagine, nell'estraneitа di un altro materiale. Ogni singolo ente si
mostra dunque in tre modi e puт essere prodotto da tre tipi di produttori: nel
primo, l'ente consiste nell'unicitа della sua essenza, nell'idea, e puт essere
prodotto solo dal dio; nel secondo appare nella materia ad opera
dell'artigiano, e nel terzo si mostra nell'immagine per mezzo dell'artista. In
questo senso quest'ultimo и "'imitatore" (mimetиs): poichи ci mostra
l'idea, ma offuscata in un terzo elemento, lontana dall'essere e dalla sua pura
visibilitа. Per il concetto platonico di mimesi, dunque, non и decisivo il
riprodurre, il copiare, ma il fatto di essere in grado di farlo meno di quanto
lo faccia l'artigiano. In quanto l'arte и lontana dalla veritа, essa non
produce l'idea ma un'immagine in un ambito estraneo, il suo modo di produrre и
offuscamento e simulazione. Sussiste pertanto nel platonismo una distanza tra
arte e veritа. Ma la distanza non и discrepanza.
Il
"Fedro" di Platone: bellezza e veritа in una discrepanza che rende
felici
Se perт, per N.,
il rapporto arte e veritа и una discrepanza, e la filosofia di N. и un
rovesciamento del platonismo, ne consegue che anche nel platonismo deve esserci
una discrepanza, ma rovesciata. Dunque il platonismo puт essere una indicazione
per scoprire in N. - in forma rovesciata - la discrepanza e il suo sito.
Ora, poichи il
termine "discrepanza" indica non solo divergenza, ma anche una sorta
di coappartenenza, si puт parlare di discrepanza solo fra termini che abbiano
lo stesso rango. Non si puт quindi parlare di discrepanza tra arte e veritа,
finchи l'arte - secondo l'esposizione della Repubblica - si trova in una
posizione inferiore rispetto alla veritа. Perchи possa esserci una discrepanza
l'arte deve prima essere elevata all'identico rango della veritа.
Si rende allora
necessario considerare l'arte in Platone secondo un altro riguardo. Nel Fedro,
dialogo di grande ricchezza in cui si tratta del bello, dell'anima e
dell'amore, emerge una diversa interpretazione platonica della connessione tra
arte e veritа.
In questo dialogo
il bello viene discusso nell'ambito della caratterizzazione del rapporto
dell'uomo con l'ente in quanto tale. Secondo Platone, и propria dell'essenza
dell'uomo la vista dell'essere. Essa domina in lui fin dall'inizio, ma, a causa
del corpo, non puт essere scorta nel suo inoffuscato splendore. La riconquista,
il rinnovamento della vista dell'essere, avviene attraverso il bello: la cosa piщ
appariscente nell'ambito sensibile, che ci "rapisce e trasporta"
nella vista dell'essere. In questo contesto, veritа e bellezza si
coappartengono, sono riferite nella loro essenza alla stessa cosa, all'essere.
Ma in tale coappartenenza si dividono: l'essere e la veritа si riferiscono al
sovrasensibile, la bellezza al sensibile.
Questa и dunque
una discrepanza che tuttavia non genera sgomento, ma rende felici: il bello
eleva oltre il sensibile e riporta al vero. Per lo stesso motivo, nel
platonismo tale discrepanza viene elusa. Ma dove il platonismo viene
rovesciato, ciт che si lasciava occultare deve venire allo scoperto, e ciт che
poteva pretendersi felice deve suscitare sgomento.
Il rovesciamento
del platonismo in Nietzsche
Anche per N.,
bellezza e veritа, per entrare in discrepanza, devono prima coappartenersi nel
riferimento all'essere. Ma per N. l'essere и volontа di potenza; quindi,
dall'essenza della volontа di potenza deve risultare una originaria
coappartenenza di bellezza e veritа che diventa una discrepanza.
Ora, N. non si
limita a capovolgere il platonismo, nel senso di mantenere la struttura di
quest'ultimo invertendone gli spazi - il mondo sensibile al posto del
soprasensibile-, ma effettua uno svincolamento (Herausdrehung), che comporta una
profonda trasformazione filosofica.
Termini quali
"mondo vero" e "mondo apparente", propri del platonismo,
vengono aboliti.
Si prenda il
brano intitolato "Come il 'mondo vero' finм per diventare favola. Storia
di un errore", che si trova nel Crepuscolo degli idoli. In esso N.
articola in sei capitoletti una storia del pensiero occidentale che arriva alle
soglie della sua filosofia. Tale storia и scandita dal progressivo venire meno
dell'idea centrale del platonismo, quella del mondo soprasensibile.
Nella prima fase,
che corrisponde alla dottrina di Platone (N. distingue tra Platone e
platonismo), fra mondo sensibile e mondo vero c'и una sostanziale continuitа:
il mondo vero и raggiungibile dal virtuoso, che и in grado di distogliersi dal
mondo sensibile; l' idea и esperita come visione, che conferisce a ogni ente il
potere di essere se stesso. Ma giа nella seconda fase - che si configura come
un platonismo distinto dal pensiero di Platone - viene operata una rottura con
il sensibile, e il mondo vero, non piщ presente nell'ambito dell'esistenza
umana, diviene irraggiungibile per il tempo di quest'ultima.
Il terzo periodo
designa quella forma di platonismo raggiunta dalla filosofia di Kant. Il
soprasensibile, assolutamente irraggiungibile per la conoscenza, и ora un
postulato della ragione pratica. Nel quarto, conseguente agli sviluppi del
kantismo, vi и un superamento del platonismo, che avviene perт senza esiti
creativi. Nel quinto, il mondo vero viene abolito. Nondimeno rimane ancora il
mondo sensibile e il posto vuoto del mondo superiore. In tale fase, N. designa
giа il tratto del proprio cammino filosofico che corrisponde alle opere
aforistiche, da Umano, troppo umano alla Gaia scienza. Occorre un nuovo
passaggio, che si compie nel sesto periodo, in cui anche il mondo apparente
viene tolto. Questo и il compito che N. si propone nell'ultima fase della sua
filosofia, quella dello Zarathustra.
Abolire il mondo
apparente non significa abolire il sensibile, poichи il mondo apparente и il
mondo sensibile nello schema del platonismo. La sua abolizione, al contrario,
significa valorizzare il sensibile ed eliminare l'eccedenza del soprasensibile.
Compiendo questo passo, N. dunque trasforma lo schema gerarchico del
platonismo, non si limita a capovolgerlo.
In tutti e sei i
capitoli, la storia del platonismo и messa in relazione con un tipo d'uomo che
si rapporta al mondo vero. Di conseguenza, il rovesciamento del platonismo
diventa una metamorfosi dell'uomo: alla fine del platonismo c'и il superuomo,
l'uomo che va oltre (ueber) l'uomo che c'и stato finora.
La nuova
interpretazione della sensibilitа e la discrepanza, che suscita sgomento, tra
arte e veritа
Con il
rovesciamento, la filosofia di N. guadagna stabilitа. In essa emerge una nuova
interpretazione del sensibile, per cogliere la quale dobbiamo rifarci
all'esposizione nietzscheana dell'arte, in particolare alla sua "estetica
fisiologica". Come realtа fondamentale dell'arte N. ha individuato
l'ebbrezza. Questo concetto fa riferimento allo sviluppo della forza e della
pienezza e al potenziamento di tutte le facoltа; al tempo stesso contiene
l'elemento fisiologico sensibile-corporale. Inoltre, il riferimento al concetto
di forma, ne mette in risalto la stabilitа e la legge. Ne deriva che il
sensibile и orientato alla visione d'insieme; la sua essenza и costituita
dall'ordine e dalla stabilitа.
In questo
contesto si inserisce la concezione "prospettica". Per N. il vivente
и aperto verso le altre forze in modo tale da incorporarle o da escluderle. Di
conseguenza viene attuata dal vivente una interpretazione dell'ambiente e di
tutto quanto accade. Da qui deriva che "il carattere prospettico [и] la
condizione fondamentale di ogni vita".
La natura
organica и caratterizzata da una moltitudine di impulsi e di forze, ciascuno
dei quali ha la sua prospettiva. Ma anche il mondo inorganico и
"prospettico", solo che in esso, i "rapporti di potenza"
sono fissati in modo univoco. Secondo tale concezione, che ricorda molto quella
leibniziana, ogni punto di forza и in sи prospettico.
Il sensibile,
dunque, per N., non и piщ l'apparenza, и l'autentica realtа. Ma in tale
concezione и inclusa costituzionalmente l'errore, la parvenza. Poichи il reale
и prospettico, il vero и ciт che appare fissato nell'orizzonte di un essere
vivente, in una pluralitа di impulsi in lotta fra loro e in sи prospettici.
Ossia, esso non и che una illusorietа costitutiva dell'essere vivente come
tale. "Nel mondo organico comincia l'errore", scrive N.. E ancora:
"La veritа и la specie di errore senza la quale una determinata specie di
esseri viventi non potrebbe vivere".
La veritа и una
specie di parvenza che si giustifica come condizione necessaria
dell'affermazione della vita. Ora, anche l'arte e i sentimenti estetici hanno
anch'essi il loro fondamento nell'essenza della vita. L'arte и connessa con
l'apparire prospettico, anzi и il potenziamento di tale apparire. La sua
"attivitа metafisica" consiste nell'essere la piщ autentica volontа
di parvenza, in cui si fa visibile la somma legge dell'esistenza. La veritа
invece и una "stasi", una parvenza fissata, e quindi una inibizione
della vita, un sintomo di degenerazione.
Ora siamo in
grado di comprendere in quale misura arte e veritа, nel platonismo rovesciato
di N., costituiscano una discrepanza. I due termini infatti, partendo da una
unitа - costituita dall'apparire prospettico - divergono, in quanto l'arte
potenzia la vita piщ di quanto non faccia la veritа. Entrambe, ugualmente
necessarie, sono tuttavia divise.
E questo rapporto
diviene tale da generare sgomento a causa del fatto che l'arte, in seguito alla
morte di Dio, assume un'altra necessarietа, quella di diventare l'autentica
legislatrice per l'essere dell'ente: dopo tale evento l'esistenza puт essere
sopportata soltanto nel creare.
II.
L'eterno ritorno dell'uguale (1937)
La dottrina
dell'eterno ritorno come pensiero fondamentale della metafisica di Nietzsche
La concezione
dell'eterno ritorno dell'uguale di N. non и "eccentrica" rispetto
alla sua filosofia, come sostiene qualche commentatore, bensм la dottrina
fondamentale, che definisce la sua posizione metafisica di fondo. Essa contiene
una asserzione sull'ente nel suo insieme, e nasce attraverso un duro confronto
con dottrine che hanno influito sul pensiero occidentale, come quella platonica
e cristiana. Domandare intorno a tale dottrina significa dunque domandare sulla
posizione metafisica di Nietzsche all'interno del pensiero occidentale e sulla
storia stessa della metafisica. In conseguenza di ciт il corso si articolerа
nel modo seguente:
a) una
esposizione provvisoria della sua genesi, della sua forma e del suo ambito;
b) l'essenza di
una posizione metafisica di fondo;
c)
L'interpretazione della dottrina dell'eterno ritorno quale ultima posizione metafisica
fondamentale nel pensiero occidentale;
d) la fine della
filosofia occidentale e il suo altro inizio.
La discussione
del punto c) costituisce la conclusione del corso universitario "la
volontа di potenza come conoscenza, e quella del punto d) и tentata sotto il
titolo "La determinazione del nichilismo secondo la storia
dell'essere".
La genesi della
dottrina dell'eterno ritorno
Ascoltiamo
anzitutto il resoconto di Nietzsche sulla genesi del pensiero dell'eterno
ritorno che si trova in Ecce homo. In quest'opera, N. afferma che tale pensiero
gli giunse all'improvviso nell'agosto dell 1881, mentre passeggiava attraverso
i boschi dell' Engadina superiore. Tale "pensiero" equivale ad uno
scuotimento dell'intero essere: и un progetto sull'ente nel suo insieme, in
base al quale le cose cambiano volto e peso.
Dal momento in
cui tale pensiero si insedia saldamente nel destino. di N., questi si dedica
interamente a svilupparlo, progettando di non lasciar trapelare nulla di esso
per i dieci anni a venire. In realtа, nelle opere pubblicate negli anni
successivi, in particolare nella Gaia scienza, nello Zarathustra e in Al di lа
del bene e del male egli effettua tre comunicazioni, anche se in forma
mascherata.
Tuttavia, da
questi velati riferimenti non и possibile comprendere tale pensiero
fondamentale. Solo prendendo visione del lascito manoscritto se ne puт avere un
quadro piщ chiaro. E' di grande importanza anche discernere tra ciт che N.
stesso ha comunicato al riguardo e ciт che tenne per sи.
La prima
comunicazione di Nietzsche della dottrina dell'eterno ritorno
N. ne parla per
la prima volta nella conclusione della Gaia scienza, nel brano 341, intitolato
Il peso piщ grande. Non и un caso che questo pensiero demoniaco, spaventoso,
tutt'altro che "gaio", venga comunicato in quest'opera che si
riferisce, nel titolo, alla scienza, ossia all'autentico sapere: l'eterno
ritorno dell'uguale appartiene essenzialmente a quel sapere fondamentale. Anche
il titolo del brano и importante per la sua comprensione. Il peso stabilizza,
raccoglie le forze, dа loro determinatezza, ma nello stesso tempo trasforma la
direzione del loro movimento. Tale pensiero deve dunque essere un peso, nel
senso del raccogliere, dell'attrarre e del mutare direzione; deve essere cioи
determinante per l'ente nel suo insieme. Per questo N. lo definisce "il
pensiero dei pensieri" e al tempo stesso il "pensiero piщ
grave": esso non pensa nulla di arbitrario, ma l'ente in quanto tale. E
per questo non и presentato da N. stesso, non proviene da uno qualsiasi degli
uomini d'oggi, ma da un demone; nи giunge in un momento qualsiasi, ma
"nella piщ solitaria delle solitudini": solo nella solitudine и
possibile quell'appropriazione autentica (Vereingentlichung) dell'uomo, in cui
viene deciso il peso delle cose e dell'uomo stesso.
"Incipit
Tragoedia"
Pensando l'eterno
ritorno, il tragico diventa il carattere fondamentale dell'ente. "Incipit
Tragoedia" и il titolo del brano successivo, che rinvia appunto al
concetto di tragico. Ma come intende N. l'essenza del tragico e quale
collegamento vi и fra questo e il pensiero dell'eterno ritorno?
Fin dal suo
scritto sulla Nascita della tragedia, N., rifiutando l'interpretazione
catartica della tragedia di Aristotele, considera lo spirito tragico come
quello che accoglie in sи le supreme contraddizioni. Il tragico и per N.
coappartenenza degli opposti: vi и tragedia dove il terribile viene affermato
come l'intima antitesi del bello. E il pensiero dell'eterno ritorno esprime
appunto l'essenza del tragico, in quanto и suprema affermazione che include
anche il no estremo; con esso l'annientamento e il dolore entrano a far parte
dell'ente.
Tale brano, che
conclude
La seconda
comunicazione della dottrina dell'eterno ritorno
Lo Zarathustra
nel suo insieme costituisce la seconda comunicazione della dottrina dell'
eterno ritorno. Zarathustra, come si и detto, и il pensatore eroico che inizia
la tragedia, ossia infonde nell'ente lo spirito tragico. L'essenza di
Zarathustra и il pensiero dell'eterno ritorno, che viene esposto per immagini
poetiche e per parabole nella terza parte dell'opera. Sarebbe tuttavia un
fraindendimento dello Zarathustra concepire questa comunicazione come una
"teoria" esposta in forma poetica; l'intimo compito di quest'opera и
la creazione della figura di Zarathustra, in cui и esposta indirettamente la
dottrina. Per N. in questo momento и piщ essenziale il "come" della
comunicazione che non il "che cosa"; il suo "contenuto" non
puт essere capito dall'uomo di oggi. Per comprendere "il pensiero piщ
grave" occorre che l'uomo sia trasformato in superuomo, cioи nell'uomo che
и andato oltre se stesso. Visto con gli occhi del superuomo, il tipo di uomo
che c'и stato finora и l' "ultimo uomo", ossia l'uomo mediocre, che
rimpicciolisce e banalizza tutto ciт che и intorno a lui.
"La visione
e l'enigma"
Si parla piщ
chiaramente dell'eterno ritorno in due brani della terza parte, il primo dei
quali и intitolato "La visione e l'enigma".
Si tratta non di
un enigma qualsiasi, ma dell'enigma puro e semplice, nel quale si cela la
comprensione dell' ente nel suo insieme. Il cogliere tale enigma comporta un
"salto" senza un qualsiasi filo conduttore, si tratta di arrischiare
la veritа dell'ente nel suo insieme. Non c'и peraltro da indovinare una
soluzione con la quale ogni problematicitа si risolverebbe: l'enigma non puт
essere tolto di mezzo come enigma.
Il brano si
configura come un racconto esposto da Zarathustra ai marinai della nave che lo
trasporta nel "mare aperto": egli parla loro della sua salita su di
un sentiero di montagna - nel racconto di Zarathustra si associano due immagini
essenziali, il mare e la montagna, ossia l'altezza e la profonditа estreme che
alludono al pensiero dei pensieri - in compagnia di uno strano personaggio, il
nano, che rappresenta lo "spirito di gravitа", l'
"arcinemico" di Zarathustra. Giunti davanti ad una porta carraia,
sulla quale sta scritta la parola "attimo", e da cui si dipartono, in
direzioni opposte, due sentieri infiniti - la porta carraia e i due sentieri
simboleggiano il tempo e l'eternitа -, Zarathustra domanda al nano: "Credi
tu, nano, che queste vie si contraddicano in eterno?" Questi risponde:
"Tutte le cose diritte mentono [..]. Ogni veritа и ricurva, il tempo
stesso и un circolo".
Benchи il nano
abbia fatto riferimento al circolo dell'eterno ritorno, non ha indovinato
l'enigma, perchи ha preso le cose "troppo alla leggera". Nondimeno
Zarathustra rivolge al nano una seconda domanda: "Guarda, continuai,
questo attimo!". Zarathustra domanda ora partendo dall'attimo; e in
riferimento ad esso si deve pensare di nuovo l'intera visione che esige una
propria posizione nell' "attimo" stesso, cioи nel tempo. In tal modo
la domanda и posta ad un livello infinitamente superiore, tale da non poter
essere soddisfatta dal nano, che scompare dalla scena, sostituito da una
seconda visione, nella quale appare un pastore "cui un greve serpente nero
penzolava dalla bocca".
Gli animali di
Zarathustra
Interrompiamo
l'interpretazione del capitolo a questo punto, per riprenderla in un contesto successivo
in cui, dopo l'esposizione sull'essenza del nichilismo, saremo piщ preparati a
comprenderlo. Rileviamo ancora solo poche cose del capitolo "Il
convalescente", del terzo libro dello Zarathustra, cominciando dagli
animali di Zarathustra e da ciт che simboleggiano.
Essi sono
l'aquila e il serpente, non si tratta di animali qualsiasi, poichи la loro
essenza и un'immagine dell'essenza dello stesso Zarathustra. E come questi и il
maestro dell'eterno ritorno, cosм essi rinviano a tale pensiero. Quando Zarathustra
li scorge per la prima volta - nel Prologo dell'opera -, l'aquila volteggia nel
cielo in larghi circoli, mentre il serpente le sta inanellato al collo: и un
evidente riferimento al circolo dell'eterno ritorno. Inoltre, l'aquila
simboleggia l'orgoglio dell'altitudine, il serpente la prudenza e la padronanza
della maschera: sono atteggiamenti legati al tipo di sapere proprio del loro
padrone. Infine, sono gli animali della solitudine di Zarathustra, che parlano
al loro maestro nel linguaggio immediato ed essenziale dei simboli.
"Il
convalescente"
Il quart'ultimo
capitolo della terza parte dello Zarathustra tratta piщ direttamente
dell'eterno ritorno. Zarathustra и "convalescente"; egli и tornato in
sи, dopo la malattia che lo ha colpito per sette giorni e sette notti. Ciт
significa: egli ha finalmente pensato nella sua interezza il pensiero piщ
grave, la sua ultima profonditа, lo ha intimamente incorporato nel suo intero
contenuto ed и giunto cosм a se stesso. E' diventato "il portavoce del
circolo". In questo contesto i suoi animali gli si avvicinano e gli
parlano di questo pensiero con parole suadenti. Rammentano a Zarathustra che il
mondo lo attende come un giardino: tutte le cose sono ordinate in modo nuovo e
brillano alla luce della nuova conoscenza. Ma Zarathustra li smentisce
ironicamente, li chiama "maliziosi burloni e organetti cantastorie":
egli non si lascia lusingare dalle loro parole; essi, come il nano, hanno preso
il pensiero dell'eterno ritorno "troppo alla leggera".
Va sottolineato
che anche in questo brano, come nel precedente, Zarahustra non contrappone una
intepretazione della dottrina diversa da quella che gli viene presentata. Solo
indirettamente ci dice come essa deve essere intesa. Sia il nano che gli
animali, quando parlano del circolo, si collocano al di fuori di esso. Cosм il
nano, di fronte alla porta carraia, dice che le due vie convergeranno
all'infinito. Ma Zarathustra dice invece che esse "sbattono la testa l'una
contro l'altra". Infatti, se ci collochiamo nell'attimo, non come semplici
spettatori, ma come agenti attivamente, le due vie del passato e del futuro non
convergono, ma scorrono in direzioni contrarie.
L' essenziale
della dottrina и che il futuro и frutto di una decisione: l'anello si chiude
nell'attimo che и il centro del contrasto. L'eternitа non и quindi qualcosa di
esteriore e di eternamente uguale, ma и nell'attimo, che и lo scontro di futuro
e passato e che determina il modo in cui tutto ritorna. L'attimo и la cosa piщ
breve ma al tempo stesso piщ compiuta, in cui si puт afferrare la totalitа del
ritorno: nell'immagine, questo и l'anello vivente del serpente.
La terza
comunicazione della dottrina dell'eterno ritorno
La terza
comunicazione si trova in Al di lа del bene e del male, nell'aforisma n. 56 del
terzo capitolo, intitolato "L'essere religioso". Tale brano nella sua
parte finale fa un qualche riferimento alla divinitа. Nel descrivere l'ideale
dell'uomo vitale, che dice sм alla vita e alla sua infinita ripetizione,
l'aforisma termina con la frase: "circolus vitiosus deus?", laddove
il circolus и l'anello del ritorno, il vitiosus fa riferimento a vitium, il
difetto, il patire, ciт che corrompe. Circolus vitiosus и dunque l'anello che
fa ritornare anche questo vitium, ossia il male e il dolore. E il deus?
Nell'ateismo peculiare di Nietzsche il dio non puт essere che una domanda.
Nell'esperienza tragica dell'ente, determinato dall'anello tremendo dell'eterno
ritorno, sorge la domanda del dio, intorno al quale, come scrisse Nietzsche
dicianovenne, "tutto diventa mondo". Ma se il dio cui si fa
riferimento и "solo" una domanda, anche lo stesso pensiero
dell'eterno ritorno и "solo" una domanda.
L' esposizione
dell' eterno ritorno non rinvia ad una dottrina filosofica o ad una teoria
scientifica; tutte e tre le comunicazioni sono domande espresse in forme e
gradi diversi. Dobbiamo dunque domandarci che cosa sia nella sua forma questo
pensiero che non puт essere costretto nelle nostre rubriche abituali, ma, al
contrario, deve portare noi a svincolarci da ciт che и abituale.
Prendiamo ora in
visione ciт che N. ha pensato sull'eterno ritorno, senza perт renderlo
pubblico.
Il pensiero
dell'eterno ritorno nelle annotazioni non pubblicate
La pubblicazione
dei frammenti postumi ci attesta della presenza del pensiero capitale di N. dal
1881 al 1889, sia pure in forme diverse a seconda dell'ambito e della direzione
in cui si muove il suo pensiero filosofico. Tentiamo ora di descrivere, secondo
l'ordine cronologico, le annotazioni che trattano di questo pensiero.
Cominciamo dalla seconda
questione. Anche se N. non si pone la questione dell'arte come manifestazione
della cultura, soltanto una riflessione sull'estetica ci consente di capire
l'interpretazione nietzscheana dell'arte; peraltro egli si muove in linea con
la tradizione. Secondo quest'ultima, la riflessione sul sapere dell'arte и
denominata estetica, il cui oggetto и il comportamento sensibile e lo stato
sentimentale in rapporto al bello. Il termine "estetica" per
designare la riflessione sul bello e sull'arte и recente, e risale al XVIII
secolo, ma tale riflessione и antica. Per connotare l'essenza dell'estetica, il
suo ruolo entro il pensiero metafisico e il suo riferimento alla storia
dell'arte europea, prendiamo in considerazione sei fatti fondamentali.
1) La grande arte
greca и priva di una corrispondente riflessione concettuale che la pensi. Ciт
non significa che tale arte sia solo "vissuta". Piuttosto, essa si
manifesta in un contesto di lucido sapere, cosм da non avere bisogno di
un'estetica.
2) L'estetica
nasce presso i Greci quando la grande arte, nonchи la grande filosofia che le и
parallela, si approssima alla fine. In tale periodo, con Platone ed Aristotele,
vengono coniati quei concetti fondamentali che da allora in poi definiranno
ogni posizione dell'arte.
Anzitutto la
coppia di concetti materia - forma (ylи - morfи). Questa concezione ha origine
nella concezione dell'ente, fondata da Platone, che guarda al suo aspetto :
eмdos, idиa. Dove l'ente viene percepito come ente e distinto dagli altri in
base al suo aspetto, i suoi confini sono avvertiti come limitazione interna ed
esterna. La forma и ciт che delimita, ciт che и delimitato la materia. A questa
coppia di concetti si unisce un altro termine, la tиcne, con cui i Greci
denominano sia l'arte che l'artigianato. Con ciт non si intende equiparare
l'arte all'artigianato: la tиcne non и un semplice fare o un produrre, ma un
tipo di sapere che guida ogni iniziativa umana. Successivamente, con l'emergere
della distinzione di materia e forma, il termine perde la sua forza semantica
originaria e viene riferita alla fabbricazione di cose belle, e quindi la
riflessione su questi concetti si sposta nell'ambito dell'estetica.
3) Il terzo fatto
coincide con l'inizio dell'etа moderna. L'uomo e il suo sapere diventano il luogo
della decisione che stabilisce come l'ente vada sperimentato, determinato e
configurato. La libera presa di posizione dell'uomo, il suo modo di sentire le
cose, in breve: il suo gusto, diventano il tribunale che decide dell'ente. In
metafisica, la certezza dell'essere e la sua veritа sono fondate
sull'autocoscienza del cogito. La stessa riflessione sul bello viene riferita
in modo esclusivo allo stato sentimentale dell'uomo. E' in questo periodo che
l'estetica viene fondata e praticata consapevolmente. Di pari passo la grande
arte si avvia verso la decadenza. Tale decadenza non consiste in una peggiore
qualitа del prodotto, ma nel fatto che l'arte non assolve piщ il compito di
rendere manifesta nelle opere la veritа dell'ente nel suo insieme. Da qui capiamo
il quarto fatto:
4) La grande arte
и alla fine nel momento in cui l'estetica raggiunge la sua massima altezza. La
grandezza di questa estetica consiste proprio nel riconoscere la fine della
grande arte: tale estetica и quella di Hegel. Egli non ha inteso negare la
possibilitа e l'esistenza di singole opere d'arte, ma affermare che essa ha
perduto per sempre il suo potere assoluto. Da ciт deriva la posizione dell'arte
nel XIX secolo, che puт essere indicata in un quinto punto.
5) Il XIX secolo,
in relazione alla decadenza dell'arte che perde la sua essenza, osa compiere,
ad opera di Richard Wagner, il tentativo dell' "opera d'arte totale".
Essa consiste nel fatto che tutte le arti, e in funzione predominante la poesia
e la musica, devono essere congiunte in una sola opera. Inoltre, l'arte deve
diventare la celebrazione della comunitа del popolo, la sua religione.
L' "opera
d'arte totale" realizza il dominio dell'arte come musica, e con esso il
dominio dello stato sentimentale puro, dissolvendo ogni elemento stabile nel
languido, nell'evanescente, esaltando la sfrenatezza dei sensi: "l'estasi
del sonnambulo", come la definisce Nietzsche. Nell' "opera d'arte
totale" l'arte deve ridiventare bisogno assoluto, ma l'assoluto и
concepito ormai come sentimento puro; per questo il tentativo di Wagner и
destinato al fallimento. D'altro canto, fu proprio questa ebbrezza sentimentale
dell'opera wagneriana ad incantare il giovane Nietzsche per quella dimensione
che egli poi definм dionisiaca. Mentre Wagner tuttavia cercava la mera
esaltazione del dionisiaco, N. mirava a domarlo, a dargli forma: la rottura fra
i due era inevitabile.
Nel XIX secolo il
sapere dell'arte, in corrispondenza alla crescente incapacitа di un sapere
metafisico, si trasforma in una indagine scientifica sui puri fatti della
storia dell'arte. La storia dell'arte e la dimensione estetica, diventano
oggetto di una ricerca condotta con i metodi delle scienze naturali. Ma tale
lavoro e fervore intorno all'arte, non и altro che il proscenio di quell'accadere
che N. enunciт come nichilismo. Con questo arriviamo all'indicazione
dell'ultimo fatto fondamentale:
6) Ciт che Hegel
ha enunciato riguardo all'arte - l'aver perso la potenza di configurare
l'assoluto - N. lo ha riconosciuto riguardo i "valori supremi". Ma
mentre per Hegel и l'arte, e non la religione, la morale e la filosofia, a
cadere vittima del nichilismo, per N., al contrario, l'arte rappresenta il
contromovimento.
Mentre inoltre
per Hegel l'arte diviene oggetto di un sapere metafisico, N. considera la
riflessione sull'arte una "fisiologia dell'arte". "L'estetica и
per l'appunto nient'altro che una fisiologia applicata", egli scrive
infatti in Nietzsche contra Wagner del 1888. Dunque, da un lato l'arte и il
contromovimento che si oppone al nichilismo, dall'altro и
"fisiologia": indagine scientifica degli stati e dei processi
corporali e delle cause che li provocano.
L'ebbrezza come
stato estetico
Vista
dall'esterno questa posizione sembra assurda: come puт l'arte porre nuovi
criteri e valori se viene ricondotta a processi nervosi e a semplici relazioni
causali? Per cercare di cogliere una unitа fra cose apparentemente
contrastanti, esamineremo un abbozzo di N., comprendente una sequenza di
diciasette appunti numerati, intitolato "Per la fisiologia
dell'arte", che si trova tra i piani della "Volontа di potenza".
Nonostante tale abbozzo non contenga un'idea direttrice visibile, fornisce
tuttavia un quadro di ciт di cui si deve trattare.
"Per la
fisiologia dell'arte"
Per determinare meglio
il materiale, seguiremo un duplice filo conduttore: anzitutto la considerazione
della dottrina della volontа di potenza, quindi le dottrine capitali
dell'estetica tradizionale.
La questione
dell'arte in N. и estetica, poichи essa viene determinata facendo ricorso allo
stato sentimentale dell'uomo a cui appartengono la produzione e la fruizione
del bello. Ma questa estetica deve essere fisiologia: gli stati sentimentali
sono indagati nella loro corrispondenza con gli stati corporei. E' l'unitа
psicosomatica dell'uomo ad essere posta come ambito degli stati estetici;
quindi quando N. parla di fisiologia intende anche l'ambito psicologico.
Leggiamo
innanzitutto un passo del Crepuscolo degli idoli (1888), intitolato "Per
la psicologia dell'artista". In esso N. afferma che lo stato estetico
fondamentale и l'ebbrezza, nelle sue varie forme (derivanti da eccitazione
sessuale, dagli affetti forti, dalla festa, da narcotici, ecc.). Possiamo
confrontare questo passo con il brano 798 della Volontа di potenza, in cui N.
parla di "due stati nei quali l'arte stessa insorge nell'uomo come una
forza della natura". Questi stati sono l'apollineo e il dionisiaco, che
vengono concepiti quindi come la condizione preliminare dell'arte. Tali
concetti erano giа stati sviluppati nella Nascita della tragedia, nella quale,
in particolare, l'apollineo e il dionisiaco venivano associati ai fenomeni
fisiologici del sogno e dell'ebbrezza. Anche nel frammento 798 della Volontа di
potenza l'apollineo ha il carattere del sogno, e il dionisiaco dell'ebbrezza.
Ora perт, nel passo del Crepuscolo degli idoli, si afferma che anche
l'apollineo и una specie di ebbrezza: l'ebbrezza diviene lo stato estetico
fondamentale.
A questo punto,
occorre pertanto chiarire: 1) Qual и l'essenza generale dell'ebbrezza? 2) In
quale senso essa и lo stato estetico fondamentale?
Alla prima
domanda N., nel Crepuscolo degli idoli, dа una risposta concisa:
"L'essenziale nell'ebbrezza и il sentimento del potenziamento della forza
e della pienezza". L'ebbrezza ora и definita come un sentimento. Il
sentimento, come si и precedentemente chiarito, и il modo come ci troviamo
presso di noi e presso le cose; и la disposizione in virtщ della quale noi
siamo trasportati al di lа di noi stessi. Ora, che l'ebbrezza sia un sentimento
non и in contraddizione col fatto che essa sia uno stato fisiologico. Noi non
"abbiamo" un corpo, ma "siamo" corpi; il sentirsi, nel
sentimento, и il modo nel quale noi siamo un corpo in carne e ossa in una certa
disposizione d'animo.
Ora, nell'ebbrezza
и contenuto sia il sentimento del potenziamento della forza che il sentimento
della pienezza. Il potenziamento della forza non sta ad indicare tanto un
"di piщ", una crescita di forza, ma deve essere inteso come una
disposizione d'animo verso l'ente nella quale l'ente stesso и esperito come piщ
ricco e piщ essenziale. Analogamente, la pienezza indica la massima apertura e
la massima esaltazione.
Si potrebbe
connotare l'ebbrezza anche come una passione, in quanto non и uno stato
passeggero, ma qualcosa che permane. Rimane comunque difficile applicare
all'ebbrezza termini quali sentimento, affetto, passione.
Per quanto
riguarda la seconda domanda, dobbiamo chiederci, secondo le parole di N., in
quale senso l' ebbrezza и "inevitabile" perchи vi sia arte, se essa
sia soltanto una condizione dell'arte o la fonte perenne. Abbiamo visto che
l'ebbrezza и una disposizione d'animo che ci apre fino alla pienezza delle
nostre facoltа, le quali si stimolano e si esaltano a vicenda. Procediamo
continuando a domandare che cosa и determinante in questa disposizione perchи
possa essere chiamata estetica.
La dottrina
kantiana del bello. Il suo fraintendimento a opera di Schopenhauer e di
Nietzsche
Non vi и in N.
una esposizione costruita e fondata sul bello e sulla bellezza. Le sue tesi
risultano dal rovesciamento delle vedute estetiche di Schopenhauer. Queste,
esposte nel terzo libro del Mondo come volontа e rappresentazione, non sono ben
fondate, ma sono un fraintendimento dell'estetica kantiana.
Il
fraintendimento delle idee di Kant sul bello e sull'arte, non riguarda solo
Schopenhauer e Nietzsche, ma gran parte della storia della filosofia. Tale
fraintendimento nasce da una asserzione di Kant sul bello, sviluppata nei parr.
2-5 della Critica del Giudizio. "Bello", per Kant, и ciт che piace
soltanto in modo puro, "senza interesse". Per Schopenhauer ciт si
identifica nella sospensione della volontа; in N., secondo uno schema di
contrapposizione, "bello" diviene l'ebbrezza, ossia il contrario di ogni
"piacere disinteressato".
Ma in Kant
l'espressione "piacere disinteressato", lungi dall' indicare
un'indifferenza verso l'oggetto, al contrario, ne и una valorizzazione. In Kant
il termine "interesse" ha una valenza negativa, sta a indicare ciт
che puт distoglierci dall'individuazione del bello in quanto tale. Solo dopo
aver messo da parte ogni "interesse", possiamo cogliere l'oggetto nel
suo proprio rango e nella sua dignitа, e quindi nella sua bellezza.
Peraltro, il
fraintendimento dell'estetica kantiana и un limite che N. condivide con il
proprio tempo. Perт ora si tratta di capire, all'interno di tale contesto
storico, ciт che N. dice sulla bellezza. Anch'egli determina il bello come ciт
che piace, inteso come ciт che ci si addice, che ci corrisponde. Il bello и
dunque ciт che apprezziamo e veneriamo come l'immagine-modello (Vor-bild) del
nostro essere. N. scrive che il bello "и l'estasi di essere nel nostro
mondo", ossia mediante il bello l'uomo penetra in uno stato fondamentale
in cui perviene alla pienezza fondata sulla sua essenza. Una cosa analoga Kant
intende con il "piacere della riflessione", quale comportamento
fondamentale in rapporto al bello. Ora, tale stato, per N., e un
elevarci-al-di-lа-di-noi nella pienezza delle nostre facoltа essenziali: in altri
termini tale stato coincide con l'ebbrezza.
L'ebbrezza come
forza creatrice di forme
Cerchiamo ora di
demarcare meglio l'ambito dello stato estetico. Per N. l'essenza del creare non
и sviluppata partendo dall'essenza di ciт che и creato, dall'opera, ma dallo stato
del comportamento estetico. Da un lato, per N., il creare и un atto vitale, un
produrre condizionato dall'ebbrezza, di cui и possibile fornire una descrizione
fisiologica: dilatazione vascolare, temperatura, secrezione, ecc.; dall'altro,
il creare и legato all'essenza dell'ebbrezza e della bellezza, ed implica
l'andare-al-di-lа-di-sи, il vedere le cose in modo "piщ pieno",
"piщ semplice", piщ intenso". Questo aspetto del creare viene
definito da Nietzsche "idealizzare", ossia "estrapolare i tratti
capitali". L' "idealizzare" и il segno supremo della potenza,
poichи in esso i contrasti sono domati: "Che non sia necessaria alcuna
violenza, che tutto segua, obbedisca con tanta facilitа, facendo buon viso
all'obbedienza - ciт delizia la volontа di potenza dell'artista". (La
volontа di potenza, n. 821).
Lo stato estetico
di chi recepisce l'opera d'arte и visto da N. in corrispondenza con lo stato di
coloro che creano: recepire l'arte и un rivivere il creare.
Quanto esposto
finora ci consente di cogliere nello stato estetico non soltanto meccanismi
psicosomatici, ma piuttosto i processi dell'"idealizzare" e dell'
"estrapolare i tratti capitali". Il sentimento estetico non и perciт
una commozione cieca e passeggera, ma и riferito a una struttura, ossia, nella terminologia
dell'estetica usata da N., ad una "forma". N. spiega la
"forma" come un "esporsi", un "farsi pubblico", e
in ciт si avvicina al significato originario del termine. I Greci chiamavano
"forma" (morfи) la figura, l'aspetto di un ente (eмdos), ciт in cui
l'ente si espone e viene alla luce. La forma va visto in relazione
all'ebbrezza. Quest'ultimo termine non rinvia al caos, ma all'opposto, indica
la vittoria della forma che fonda l'ambito in cui l'ebbrezza diviene possibile
come tale.
Il termine "forma"
non va visto inoltre in opposizione al "contenuto". "Forma"
non и "margine", limite esterno di un contenuto, ma sua componente
essenziale; la forma и l'unico vero contenuto.
Ora perт, quando
N. tenta di caratterizzare le leggi della forma, nomina quelle leggi logiche e
matematiche, che sono viste a loro volta in relazione alla vita fisiologica.
"I sentimenti logici", "il piacere dell'ordinato", che
costituiscono la base dei giudizi di valore estetico, non sono altro che i
sentimenti di tutti gli esseri organici "in rapporto alla pericolositа
della loro situazione, o alla difficoltа del loro nutrimento".
Occorre tuttavia
determinare meglio l'ambito in cui si collocano tutti questi elementi:
l'ebbrezza quale stato estetico fondamentale, la bellezza, e gli stati del
creare e del recepire; quindi la forma e il "sentimento
dell'ordinato" quale condizione della vita fisiologica.
Cerchiamo di
chiarire, semplificandole, le connotazioni fin qui date da N.. Limitiamoci ai
due termini essenziali dell'ebbrezza e della bellezza, che stanno fra di loro
in un rapporto reciproco. L'ebbrezza и la disposizione fondamentale; la
bellezza ciт che predispone e determina. A prima vista si potrebbe definire la
prima come l'elemento soggettivo, la seconda, quello oggettivo. L'ebbrezza
tuttavia fa saltare la soggettivitа del soggetto: in essa infatti il soggetto и
andato al di lа di sи; la bellezza, d'altra parte, spezza il cerchio
dell'oggetto separato e a sи stante - giacchи una bellezza in sи non esiste - e
lo porta alla coappartenenza essenziale e originaria con il soggetto.
Lo stato estetico
dunque non и nи oggettivo nи soggettivo; i due termini fondamentali, ebbrezza e
bellezza, denominano con la stessa estensione l'intero stato estetico.
Il grande stile
N. parla di "grande
stile", quando si riferisce a quella realtа dell'arte pervenuta alla sua
essenza. Il grande stile и lontano dall'arte "eroica" e
"tronfia" di Wagner, ed implica la padronanza della misura e della
legge, nonchи la calma propria delle anime forti. Lo stile severo, classico, и
quello che maggiormente si avvicina ad esso. "Lo stile classico
rappresenta essenzialmente questa calma, semplificazione, abbreviazione,
concentrazione - il sentimento sommo della potenza и concentrato nel tipo
classico". (La volontа di potenza, n. 799).
Nel grande stile
trovano la loro sintesi anche l'arte come contromovimento che si oppone al
nichilismo, e l'arte come oggetto della fisiologia. Il grande stile esige, da
un lato, la misura e la legge che vengono poste nel domare il caos e l'elemento
dell'ebbrezza, e quindi presuppone la dimensione fisiologica; dall'altro, esso
и rango e decisione, necessari per porre misure e valori nuovi per realizzare
il contromovimento. L'arte come grande stile и la semplice calma che domina, conservandola,
la somma pienezza della vita e riconduce ad unitа gli opposti. Cosм questa
estetica viene portata oltre se stessa: gli stati artistici sono colti in modo
estremo, lа dove massimamente si distaccano dallo spirito, nella dimensione
fisiologica
Associando il
grande stile al gusto classico, N. non intende riferirsi al classicismo, che
egli associa alla mancanza di contrasti, alla povertа interiore. Il classico,
piщ che a un'epoca dell'arte, и una struttura dell'esistenza, la cui condizione
fondamentale и costituita dal dominio della legge sul caos, che si compie
all'insegna di una originaria libertа.
Nelle riflessioni
di N. che cercano di fissare la differenza tra classico e romantico, si puт
definire l'essenza dell'arte di grande stile e coglierne la dimensione
formatrice e creativa. Riferendosi ai concetti di classico e romantico, N. non
pensa all'arte intorno al 1800, ma all'arte di Wagner e alla tragedia greca.
Nel "classico", ciт che crea и la pienezza e la sovrabbondanza; nel "romantico",
и invece l'insufficienza, la mancanza. Il primo и "attivo", il
secondo "reattivo". Tale distinzione di attivo e reattivo si
interseca con un'altra, quella di essere e divenire, che tuttavia non manca di
ambiguitа. Cosм, ad es., l'esigenza di divenire - di divenire altro, e quindi
di distruzione - puт essere sia espressione di "forza stracolma e gravida
di futuro", come nell'arte dionisiaca, ma puт appartenere anche
all'insoddisfazione e all'odio. Analogamente, l'esigenza di essere puт derivare
sia dalla pienezza che dalla sofferenza, come nel "pessimismo
romantico" di Wagner.
Il classico и
desiderio di essere che proviene dalla pienezza, e in questo senso "stile
classico" e "grande stile" paiono coincidere. Quest'ultimo,
perт, come essenza vera e propria dell'arte, rinvia ad una unitа piщ originaria
di attivo e reattivo e di essere e divenire. Da questo punto di vista,
dall'essenza dell'arte come grande stile, si chiarisce la posizione metafisica
di fondo di N.: il grande stile и il sentimento sommo della potenza, e la
potenza и il dominio della calma che conserva e trasfigura gli opposti.
La fondazione
delle cinque tesi sull'arte
Dall'essenza
dell'arte puт scaturire la fondazione delle cinque tesi fornulate in precedenza.
La prima tesi dice che l'arte и la forma piщ nota e piщ trasparente della
volontа di potenza. Questa tesi si puт chiarire nel modo seguente. L'arte и la
forma a noi piщ nota poichи и uno stato dell'uomo, dunque di noi stessi, e
questo ha la sua fondazione nella concezione del modo secondo cui и data la
dimensione in cui, dal punto di vista estetico, l'arte и reale; ossia,
nell'ebbrezza della vita fisiologica del corpo. Dal momento che l'arte ha il
proprio fondamento nello stato estetico, e questo и concepito in termini
fisiologici, essa и la dimensione nella quale l'ente diventa per noi piщ
perscrutabile.
La seconda tesi,
che dice che l'arte deve essere concepita dalla prospettiva dell'artista, si
dimostra considerando che solo nell'attivitа produttrice dell'artista diviene
reale la creazione dell'arte. Da questa posizione и garantito l'accesso al
creare in generale, e quindi alla volontа di potenza.
La terza tesi
dice che l'arte и l'accadere fondamentale nell'ente nel suo insieme. Questa
tesi, insieme alla quarta, che dice che l'arte и il contromovimento che si
oppone al nichilismo, puт essere fondata soltanto a partire dalla quinta tesi.
E' solo partendo da quest'ultima, che dice che l'arte vale piщ della veritа - e
quindi conferisce alla prima un primato unico - che si puт stabilire che l'arte
и l'accadere fondamentale. Per fondare questa tesi occorre rispondere alla
domanda preliminare della filosofia, sull'essenza della veritа.
La discrepanza,
che suscita sgomento, tra arte e veritа
Secondo N., in un
appunto del 1888, il rapporto tra arte e veritа и una discrepanza che suscita
sgomento:
"Il rapporto
dell'arte con la veritа и stata la prima cosa che mi ha impensierito: e ancora
adesso sto, con un sacro sgomento, dinanzi a questa discrepanza".
Per vedere in
quale misura l'arte entra in rapporto con la veritа, bisogna dire in modo piщ
chiaro di quanto si sia fatto finora che cosa intende Nietzsche con questo
termine. Diventa necessario a questo punto procedere a un chiarimento
preliminare sul concetto di veritа. Va sottolineato che: 1) la necessitа del
chiarimento trova la sua ragione nella velatezza dell'essenza delle parole
fondamentali come veritа, bellezza, essere, conoscenza. La stessa esistenza
umana и espressamente rinviata ai riferimenti nominati in tali concetti. Il
termine "veritа", come tutte le parole fondamentali, ha diversi
significati, fra loro connessi storicamente e necessariamente. Esso и dunque
storico, sia nel senso che i significati sono diversi da epoca a epoca, sia che
и fondatore di storia, a seconda dell'interpretazione che diviene dominante. 2)
Vi sono due linee capitali entro le quali i significati di tali parole
oscillano: la linea essenziale e la linea distolta dall'essenza. Il termine
"veritа" puт riferirsi alla prima, quando denomina l'essenza del
vero, e in tal caso la veritа и una soltanto, o all'altra, quando si riferisce
a un certo particolare vero, e allora ammette il plurale. Si ritiene
abitualmente che nel primo caso si denomini l'universale, nel secondo i casi
particolari che cadono sotto di esso. Senonchи questa и una semplificazione
che, portando a identificare l'essenza come qualcosa di immutabile, ne
misconosce il carattere storico. L'unitа dell'essenza puт essere pensata
tuttavia anche attraverso il mutamento: infatti ciт che и mutato puт diventare
quell'Uno che vale per i molti; ciт che si mantiene и l'elemento immutabile che
и durevolmente presente nel suo mutamento.
Ora, per quanto
riguarda N., la parola "veritа" si muove lungo la linea distolta
dall'essenza. Ciт vuol dire che N. non pone la questione autentica dell'essenza
del vero, e quindi della necessaria possibilitа del mutamento della sua essenza
e non sviluppa nemmeno l'ambito di questa questione. Tale omissione peraltro
riguarda l'intera storia della filosofia occidentale.
Ma che cosa и il
vero, ciт che soddisfa l'essenza della veritа? Il vero и il vero ente, ciт che
и in veritа reale; questo vuol dire: ciт che и conosciuto, soltanto nella
conocenza, infatti, il vero viene fissato come tale. E conoscere и sempre
un'adeguazione alla cosa, "un commisurarsi con".., per cui и insito
nel vero il riferimento a un qualche parametro. Ma per chiarire meglio
l'essenza del conoscere descriviamo, nei suoi tratti capitali, due specie
fondamentali di conoscenza: la concezione del platonismo e quella positivista.
La veritа nel
platonismo e nel positivismo. Il tentativo nietzscheano di rovesciare il
platonismo in base all'esperienza fondamentale del nichilismo
Nel platonismo il
conoscere и un'adeguazione all' idea, intesa come realtа soprasensibile; и un
commisurarsi ad esso, rappresentandolo. Alla base di tale concezione c'и una
determinata interpretazione dell'essere; tale forma di conoscenza ha un senso
soltanto sul terreno della metafisica. Anche per il positivismo il conoscere и
un commisurare, ma ciт che costituisce il parametro и il positum, ossia il
sensibile. Per N. la questione della veritа si mantiene nell'ambito del
pensiero occidentale, per quanto si discosti nel particolare dai pensatori
precedenti: conoscere и cogliere il reale in termini teorico-scientifici. La
veritа и l'oggetto a cui si riferisce il conoscere; mentre l'arte и un creare
riferito alla bellezza. Ma per quanto riguarda la questione del rapporto tra
arte e veritа che suscita sgomento, occorre un ulteriore chiarimento sul
rapporto tra la sua concezione e gli indirizzi del platonismo e del
positivismo. Egli stesso definisce la sua concezione un platonismo rovesciato:
mentre per Platone il sovrasensisbile и il vero ente e il sensibile deve essere
commisurato ad esso, nella prospettiva del rovesciamento, il sensibile diventa
l'ente vero e proprio. Con ciт sembrerebbe che la posizione di N. si
identifichi con quella del positivismo. In realtа il rovesciamento nietzscheano
va compreso alla luce dell'esperienza fondamentale del nichilismo e della
svalutazione dei valori supremi che in esso si attua, che portano la forza
dell'esistenza storica dei popoli a indebolirsi. Ma il nichilismo trova la sua
origine proprio nel primato del soprasensibile, che si realizza nel platonismo
e successivamente nel cristianesimo, una sorta di "platonismo per il
popolo". In tale ottica, rovesciare il platonismo non significa solo
sostituire meccanicamente un punto di vista gnoseologico con un altro, quello
del positivismo. Oltre a diroccare il primato del soprasensibile, il
rovesciamento significa anche: cercare e stabilire ciт che и. Significa
mantenere, in comune con il platonismo, la convinzione che sia la veritа,
assicurata per la via della conoscenza, a fornire l'ambito per la nuova
fondazione dell'esistenza. E questa viene ancorata al sensibile, che viene
dichiarato il vero ente, e viene salvato, in opposizione al platonismo e al
nichilismo. Ora, anche l'arte, come contromovimento che si oppone al nichilismo,
si muove nella stessa direzione. Ecco quindi che arte e veritа, creare e
conoscere si incontrano nella prospettiva che mira a salvare il sensibile e a
superare il nichilismo.
Ambito e contesto
della riflessione di Platone sul rapporto tra arte e veritа
Nel platonismo,
in cui il soprasensibile и la veritа e l'arte in quanto affermazione del
sensibile и rinnegata, il rapporto arte-veritа и evidentemente un rapporto di
antitesi, quindi di discrepanza; viceversa, in una situazione rovesciata, tale
discrepanza dovrebbe essere eliminata. Eppure N. dice che il rapporto arte e
veritа и una discrepanza che genera sgomento. Dobbiamo capire il senso di
queste parole se vogliamo cogliere la posizione metafisica di N.. Partiremo
dalla posizione filosofica di Platone: la questione se nel platonismo sussista
necessariamente un contrasto tra la veritа e l'arte va risolta in base alla sua
opera.
Platone pone la
questione del rapporto tra arte e veritа nella Repubblica, il grande dialogo
sullo Stato nel quale la forma fondamentale della comunitа umana viene fondata
sul sapere. Si decide dell'essenza dell'arte e del suo ruolo entro lo Stato in
base al rapporto con l'ente e all'essenza della veritа. L'arte, a differenza
della filosofia che и elevata al rango supremo, ha una posizione subordinata
all'interno della comunitа, in quanto и mмmesis, riproduzione, imitazione e
reca in sи il pericolo della illusione e della menzogna. Nel decimo libro della
Repubblica si approfondisce il concetto di mмmesis e si decide del rapporto tra
arte e veritа.
La
"Repubblica " di Platone: la distanza dell'arte (mimesi) dalla veritа
(idea)
Per comprendere
l'essenza della mimesi, occorre sottolineare che per Platone l'imitare si muove
nell'ambito del fabbricare, in senso ampio, in relazione all'unicitа dell'idea.
Ogni cosa che viene fabbricata da un produttore si mantiene nell'ambito
dell'idea che fa da guida a quest'ultimo. Ma ci sono due modi sostanzialmente
diversi di produrre: uno, proprio dell'artigiano, che consiste nel far apparire
l'idea nella materia; e un altro, proprio dell'artista, che la fa apparire
nell'immagine, nell'estraneitа di un altro materiale. Ogni singolo ente si
mostra dunque in tre modi e puт essere prodotto da tre tipi di produttori: nel
primo, l'ente consiste nell'unicitа della sua essenza, nell'idea, e puт essere
prodotto solo dal dio; nel secondo appare nella materia ad opera
dell'artigiano, e nel terzo si mostra nell'immagine per mezzo dell'artista. In
questo senso quest'ultimo и "'imitatore" (mimetиs): poichи ci mostra
l'idea, ma offuscata in un terzo elemento, lontana dall'essere e dalla sua pura
visibilitа. Per il concetto platonico di mimesi, dunque, non и decisivo il
riprodurre, il copiare, ma il fatto di essere in grado di farlo meno di quanto
lo faccia l'artigiano. In quanto l'arte и lontana dalla veritа, essa non
produce l'idea ma un'immagine in un ambito estraneo, il suo modo di produrre и
offuscamento e simulazione. Sussiste pertanto nel platonismo una distanza tra
arte e veritа. Ma la distanza non и discrepanza.
Il
"Fedro" di Platone: bellezza e veritа in una discrepanza che rende
felici
Se perт, per N.,
il rapporto arte e veritа и una discrepanza, e la filosofia di N. и un
rovesciamento del platonismo, ne consegue che anche nel platonismo deve esserci
una discrepanza, ma rovesciata. Dunque il platonismo puт essere una indicazione
per scoprire in N. - in forma rovesciata - la discrepanza e il suo sito.
Ora, poichи il
termine "discrepanza" indica non solo divergenza, ma anche una sorta
di coappartenenza, si puт parlare di discrepanza solo fra termini che abbiano
lo stesso rango. Non si puт quindi parlare di discrepanza tra arte e veritа,
finchи l'arte - secondo l'esposizione della Repubblica - si trova in una
posizione inferiore rispetto alla veritа. Perchи possa esserci una discrepanza
l'arte deve prima essere elevata all'identico rango della veritа.
Si rende allora
necessario considerare l'arte in Platone secondo un altro riguardo. Nel Fedro,
dialogo di grande ricchezza in cui si tratta del bello, dell'anima e
dell'amore, emerge una diversa interpretazione platonica della connessione tra
arte e veritа.
In questo dialogo
il bello viene discusso nell'ambito della caratterizzazione del rapporto
dell'uomo con l'ente in quanto tale. Secondo Platone, и propria dell'essenza
dell'uomo la vista dell'essere. Essa domina in lui fin dall'inizio, ma, a causa
del corpo, non puт essere scorta nel suo inoffuscato splendore. La riconquista,
il rinnovamento della vista dell'essere, avviene attraverso il bello: la cosa piщ
appariscente nell'ambito sensibile, che ci "rapisce e trasporta"
nella vista dell'essere. In questo contesto, veritа e bellezza si
coappartengono, sono riferite nella loro essenza alla stessa cosa, all'essere.
Ma in tale coappartenenza si dividono: l'essere e la veritа si riferiscono al
sovrasensibile, la bellezza al sensibile.
Questa и dunque
una discrepanza che tuttavia non genera sgomento, ma rende felici: il bello
eleva oltre il sensibile e riporta al vero. Per lo stesso motivo, nel
platonismo tale discrepanza viene elusa. Ma dove il platonismo viene
rovesciato, ciт che si lasciava occultare deve venire allo scoperto, e ciт che
poteva pretendersi felice deve suscitare sgomento.
Il rovesciamento
del platonismo in Nietzsche
Anche per N.,
bellezza e veritа, per entrare in discrepanza, devono prima coappartenersi nel
riferimento all'essere. Ma per N. l'essere и volontа di potenza; quindi,
dall'essenza della volontа di potenza deve risultare una originaria
coappartenenza di bellezza e veritа che diventa una discrepanza.
Ora, N. non si
limita a capovolgere il platonismo, nel senso di mantenere la struttura di
quest'ultimo invertendone gli spazi - il mondo sensibile al posto del
soprasensibile-, ma effettua uno svincolamento (Herausdrehung), che comporta una
profonda trasformazione filosofica.
Termini quali
"mondo vero" e "mondo apparente", propri del platonismo,
vengono aboliti.
Si prenda il
brano intitolato "Come il 'mondo vero' finм per diventare favola. Storia
di un errore", che si trova nel Crepuscolo degli idoli. In esso N.
articola in sei capitoletti una storia del pensiero occidentale che arriva alle
soglie della sua filosofia. Tale storia и scandita dal progressivo venire meno
dell'idea centrale del platonismo, quella del mondo soprasensibile.
Nella prima fase,
che corrisponde alla dottrina di Platone (N. distingue tra Platone e
platonismo), fra mondo sensibile e mondo vero c'и una sostanziale continuitа:
il mondo vero и raggiungibile dal virtuoso, che и in grado di distogliersi dal
mondo sensibile; l' idea и esperita come visione, che conferisce a ogni ente il
potere di essere se stesso. Ma giа nella seconda fase - che si configura come
un platonismo distinto dal pensiero di Platone - viene operata una rottura con
il sensibile, e il mondo vero, non piщ presente nell'ambito dell'esistenza
umana, diviene irraggiungibile per il tempo di quest'ultima.
Il terzo periodo
designa quella forma di platonismo raggiunta dalla filosofia di Kant. Il
soprasensibile, assolutamente irraggiungibile per la conoscenza, и ora un
postulato della ragione pratica. Nel quarto, conseguente agli sviluppi del
kantismo, vi и un superamento del platonismo, che avviene perт senza esiti
creativi. Nel quinto, il mondo vero viene abolito. Nondimeno rimane ancora il
mondo sensibile e il posto vuoto del mondo superiore. In tale fase, N. designa
giа il tratto del proprio cammino filosofico che corrisponde alle opere
aforistiche, da Umano, troppo umano alla Gaia scienza. Occorre un nuovo
passaggio, che si compie nel sesto periodo, in cui anche il mondo apparente
viene tolto. Questo и il compito che N. si propone nell'ultima fase della sua
filosofia, quella dello Zarathustra.
Abolire il mondo
apparente non significa abolire il sensibile, poichи il mondo apparente и il
mondo sensibile nello schema del platonismo. La sua abolizione, al contrario,
significa valorizzare il sensibile ed eliminare l'eccedenza del soprasensibile.
Compiendo questo passo, N. dunque trasforma lo schema gerarchico del
platonismo, non si limita a capovolgerlo.
In tutti e sei i
capitoli, la storia del platonismo и messa in relazione con un tipo d'uomo che
si rapporta al mondo vero. Di conseguenza, il rovesciamento del platonismo
diventa una metamorfosi dell'uomo: alla fine del platonismo c'и il superuomo,
l'uomo che va oltre (ueber) l'uomo che c'и stato finora.
La nuova
interpretazione della sensibilitа e la discrepanza, che suscita sgomento, tra
arte e veritа
Con il
rovesciamento, la filosofia di N. guadagna stabilitа. In essa emerge una nuova
interpretazione del sensibile, per cogliere la quale dobbiamo rifarci
all'esposizione nietzscheana dell'arte, in particolare alla sua "estetica
fisiologica". Come realtа fondamentale dell'arte N. ha individuato
l'ebbrezza. Questo concetto fa riferimento allo sviluppo della forza e della
pienezza e al potenziamento di tutte le facoltа; al tempo stesso contiene
l'elemento fisiologico sensibile-corporale. Inoltre, il riferimento al concetto
di forma, ne mette in risalto la stabilitа e la legge. Ne deriva che il
sensibile и orientato alla visione d'insieme; la sua essenza и costituita
dall'ordine e dalla stabilitа.
In questo
contesto si inserisce la concezione "prospettica". Per N. il vivente
и aperto verso le altre forze in modo tale da incorporarle o da escluderle. Di
conseguenza viene attuata dal vivente una interpretazione dell'ambiente e di
tutto quanto accade. Da qui deriva che "il carattere prospettico [и] la
condizione fondamentale di ogni vita".
La natura
organica и caratterizzata da una moltitudine di impulsi e di forze, ciascuno
dei quali ha la sua prospettiva. Ma anche il mondo inorganico и
"prospettico", solo che in esso, i "rapporti di potenza"
sono fissati in modo univoco. Secondo tale concezione, che ricorda molto quella
leibniziana, ogni punto di forza и in sи prospettico.
Il sensibile,
dunque, per N., non и piщ l'apparenza, и l'autentica realtа. Ma in tale
concezione и inclusa costituzionalmente l'errore, la parvenza. Poichи il reale
и prospettico, il vero и ciт che appare fissato nell'orizzonte di un essere
vivente, in una pluralitа di impulsi in lotta fra loro e in sи prospettici.
Ossia, esso non и che una illusorietа costitutiva dell'essere vivente come
tale. "Nel mondo organico comincia l'errore", scrive N.. E ancora:
"La veritа и la specie di errore senza la quale una determinata specie di
esseri viventi non potrebbe vivere".
La veritа и una
specie di parvenza che si giustifica come condizione necessaria
dell'affermazione della vita. Ora, anche l'arte e i sentimenti estetici hanno
anch'essi il loro fondamento nell'essenza della vita. L'arte и connessa con
l'apparire prospettico, anzi и il potenziamento di tale apparire. La sua
"attivitа metafisica" consiste nell'essere la piщ autentica volontа
di parvenza, in cui si fa visibile la somma legge dell'esistenza. La veritа
invece и una "stasi", una parvenza fissata, e quindi una inibizione
della vita, un sintomo di degenerazione.
Ora siamo in
grado di comprendere in quale misura arte e veritа, nel platonismo rovesciato
di N., costituiscano una discrepanza. I due termini infatti, partendo da una
unitа - costituita dall'apparire prospettico - divergono, in quanto l'arte
potenzia la vita piщ di quanto non faccia la veritа. Entrambe, ugualmente
necessarie, sono tuttavia divise.
E questo rapporto
diviene tale da generare sgomento a causa del fatto che l'arte, in seguito alla
morte di Dio, assume un'altra necessarietа, quella di diventare l'autentica
legislatrice per l'essere dell'ente: dopo tale evento l'esistenza puт essere
sopportata soltanto nel creare.
II.
L'eterno ritorno dell'uguale (1937)
La dottrina
dell'eterno ritorno come pensiero fondamentale della metafisica di Nietzsche
La concezione
dell'eterno ritorno dell'uguale di N. non и "eccentrica" rispetto
alla sua filosofia, come sostiene qualche commentatore, bensм la dottrina
fondamentale, che definisce la sua posizione metafisica di fondo. Essa contiene
una asserzione sull'ente nel suo insieme, e nasce attraverso un duro confronto
con dottrine che hanno influito sul pensiero occidentale, come quella platonica
e cristiana. Domandare intorno a tale dottrina significa dunque domandare sulla
posizione metafisica di Nietzsche all'interno del pensiero occidentale e sulla
storia stessa della metafisica. In conseguenza di ciт il corso si articolerа
nel modo seguente:
a) una
esposizione provvisoria della sua genesi, della sua forma e del suo ambito;
b) l'essenza di
una posizione metafisica di fondo;
c)
L'interpretazione della dottrina dell'eterno ritorno quale ultima posizione metafisica
fondamentale nel pensiero occidentale;
d) la fine della
filosofia occidentale e il suo altro inizio.
La discussione
del punto c) costituisce la conclusione del corso universitario "la
volontа di potenza come conoscenza, e quella del punto d) и tentata sotto il
titolo "La determinazione del nichilismo secondo la storia
dell'essere".
La genesi della
dottrina dell'eterno ritorno
Ascoltiamo
anzitutto il resoconto di Nietzsche sulla genesi del pensiero dell'eterno
ritorno che si trova in Ecce homo. In quest'opera, N. afferma che tale pensiero
gli giunse all'improvviso nell'agosto dell 1881, mentre passeggiava attraverso
i boschi dell' Engadina superiore. Tale "pensiero" equivale ad uno
scuotimento dell'intero essere: и un progetto sull'ente nel suo insieme, in
base al quale le cose cambiano volto e peso.
Dal momento in
cui tale pensiero si insedia saldamente nel destino. di N., questi si dedica
interamente a svilupparlo, progettando di non lasciar trapelare nulla di esso
per i dieci anni a venire. In realtа, nelle opere pubblicate negli anni
successivi, in particolare nella Gaia scienza, nello Zarathustra e in Al di lа
del bene e del male egli effettua tre comunicazioni, anche se in forma
mascherata.
Tuttavia, da
questi velati riferimenti non и possibile comprendere tale pensiero
fondamentale. Solo prendendo visione del lascito manoscritto se ne puт avere un
quadro piщ chiaro. E' di grande importanza anche discernere tra ciт che N.
stesso ha comunicato al riguardo e ciт che tenne per sи.
La prima
comunicazione di Nietzsche della dottrina dell'eterno ritorno
N. ne parla per
la prima volta nella conclusione della Gaia scienza, nel brano 341, intitolato
Il peso piщ grande. Non и un caso che questo pensiero demoniaco, spaventoso,
tutt'altro che "gaio", venga comunicato in quest'opera che si
riferisce, nel titolo, alla scienza, ossia all'autentico sapere: l'eterno
ritorno dell'uguale appartiene essenzialmente a quel sapere fondamentale. Anche
il titolo del brano и importante per la sua comprensione. Il peso stabilizza,
raccoglie le forze, dа loro determinatezza, ma nello stesso tempo trasforma la
direzione del loro movimento. Tale pensiero deve dunque essere un peso, nel
senso del raccogliere, dell'attrarre e del mutare direzione; deve essere cioи
determinante per l'ente nel suo insieme. Per questo N. lo definisce "il
pensiero dei pensieri" e al tempo stesso il "pensiero piщ
grave": esso non pensa nulla di arbitrario, ma l'ente in quanto tale. E
per questo non и presentato da N. stesso, non proviene da uno qualsiasi degli
uomini d'oggi, ma da un demone; nи giunge in un momento qualsiasi, ma
"nella piщ solitaria delle solitudini": solo nella solitudine и
possibile quell'appropriazione autentica (Vereingentlichung) dell'uomo, in cui
viene deciso il peso delle cose e dell'uomo stesso.
"Incipit
Tragoedia"
Pensando l'eterno
ritorno, il tragico diventa il carattere fondamentale dell'ente. "Incipit
Tragoedia" и il titolo del brano successivo, che rinvia appunto al
concetto di tragico. Ma come intende N. l'essenza del tragico e quale
collegamento vi и fra questo e il pensiero dell'eterno ritorno?
Fin dal suo
scritto sulla Nascita della tragedia, N., rifiutando l'interpretazione
catartica della tragedia di Aristotele, considera lo spirito tragico come
quello che accoglie in sи le supreme contraddizioni. Il tragico и per N.
coappartenenza degli opposti: vi и tragedia dove il terribile viene affermato
come l'intima antitesi del bello. E il pensiero dell'eterno ritorno esprime
appunto l'essenza del tragico, in quanto и suprema affermazione che include
anche il no estremo; con esso l'annientamento e il dolore entrano a far parte
dell'ente.
Tale brano, che
conclude
La seconda
comunicazione della dottrina dell'eterno ritorno
Lo Zarathustra
nel suo insieme costituisce la seconda comunicazione della dottrina dell'
eterno ritorno. Zarathustra, come si и detto, и il pensatore eroico che inizia
la tragedia, ossia infonde nell'ente lo spirito tragico. L'essenza di
Zarathustra и il pensiero dell'eterno ritorno, che viene esposto per immagini
poetiche e per parabole nella terza parte dell'opera. Sarebbe tuttavia un
fraindendimento dello Zarathustra concepire questa comunicazione come una
"teoria" esposta in forma poetica; l'intimo compito di quest'opera и
la creazione della figura di Zarathustra, in cui и esposta indirettamente la
dottrina. Per N. in questo momento и piщ essenziale il "come" della
comunicazione che non il "che cosa"; il suo "contenuto" non
puт essere capito dall'uomo di oggi. Per comprendere "il pensiero piщ
grave" occorre che l'uomo sia trasformato in superuomo, cioи nell'uomo che
и andato oltre se stesso. Visto con gli occhi del superuomo, il tipo di uomo
che c'и stato finora и l' "ultimo uomo", ossia l'uomo mediocre, che
rimpicciolisce e banalizza tutto ciт che и intorno a lui.
"La visione
e l'enigma"
Si parla piщ
chiaramente dell'eterno ritorno in due brani della terza parte, il primo dei
quali и intitolato "La visione e l'enigma".
Si tratta non di
un enigma qualsiasi, ma dell'enigma puro e semplice, nel quale si cela la
comprensione dell' ente nel suo insieme. Il cogliere tale enigma comporta un
"salto" senza un qualsiasi filo conduttore, si tratta di arrischiare
la veritа dell'ente nel suo insieme. Non c'и peraltro da indovinare una
soluzione con la quale ogni problematicitа si risolverebbe: l'enigma non puт
essere tolto di mezzo come enigma.
Il brano si
configura come un racconto esposto da Zarathustra ai marinai della nave che lo
trasporta nel "mare aperto": egli parla loro della sua salita su di
un sentiero di montagna - nel racconto di Zarathustra si associano due immagini
essenziali, il mare e la montagna, ossia l'altezza e la profonditа estreme che
alludono al pensiero dei pensieri - in compagnia di uno strano personaggio, il
nano, che rappresenta lo "spirito di gravitа", l'
"arcinemico" di Zarathustra. Giunti davanti ad una porta carraia,
sulla quale sta scritta la parola "attimo", e da cui si dipartono, in
direzioni opposte, due sentieri infiniti - la porta carraia e i due sentieri
simboleggiano il tempo e l'eternitа -, Zarathustra domanda al nano: "Credi
tu, nano, che queste vie si contraddicano in eterno?" Questi risponde:
"Tutte le cose diritte mentono [..]. Ogni veritа и ricurva, il tempo
stesso и un circolo".
Benchи il nano
abbia fatto riferimento al circolo dell'eterno ritorno, non ha indovinato
l'enigma, perchи ha preso le cose "troppo alla leggera". Nondimeno
Zarathustra rivolge al nano una seconda domanda: "Guarda, continuai,
questo attimo!". Zarathustra domanda ora partendo dall'attimo; e in
riferimento ad esso si deve pensare di nuovo l'intera visione che esige una
propria posizione nell' "attimo" stesso, cioи nel tempo. In tal modo
la domanda и posta ad un livello infinitamente superiore, tale da non poter
essere soddisfatta dal nano, che scompare dalla scena, sostituito da una
seconda visione, nella quale appare un pastore "cui un greve serpente nero
penzolava dalla bocca".
Gli animali di
Zarathustra
Interrompiamo
l'interpretazione del capitolo a questo punto, per riprenderla in un contesto successivo
in cui, dopo l'esposizione sull'essenza del nichilismo, saremo piщ preparati a
comprenderlo. Rileviamo ancora solo poche cose del capitolo "Il
convalescente", del terzo libro dello Zarathustra, cominciando dagli
animali di Zarathustra e da ciт che simboleggiano.
Essi sono
l'aquila e il serpente, non si tratta di animali qualsiasi, poichи la loro
essenza и un'immagine dell'essenza dello stesso Zarathustra. E come questi и il
maestro dell'eterno ritorno, cosм essi rinviano a tale pensiero. Quando Zarathustra
li scorge per la prima volta - nel Prologo dell'opera -, l'aquila volteggia nel
cielo in larghi circoli, mentre il serpente le sta inanellato al collo: и un
evidente riferimento al circolo dell'eterno ritorno. Inoltre, l'aquila
simboleggia l'orgoglio dell'altitudine, il serpente la prudenza e la padronanza
della maschera: sono atteggiamenti legati al tipo di sapere proprio del loro
padrone. Infine, sono gli animali della solitudine di Zarathustra, che parlano
al loro maestro nel linguaggio immediato ed essenziale dei simboli.
"Il
convalescente"
Il quart'ultimo
capitolo della terza parte dello Zarathustra tratta piщ direttamente
dell'eterno ritorno. Zarathustra и "convalescente"; egli и tornato in
sи, dopo la malattia che lo ha colpito per sette giorni e sette notti. Ciт
significa: egli ha finalmente pensato nella sua interezza il pensiero piщ
grave, la sua ultima profonditа, lo ha intimamente incorporato nel suo intero
contenuto ed и giunto cosм a se stesso. E' diventato "il portavoce del
circolo". In questo contesto i suoi animali gli si avvicinano e gli
parlano di questo pensiero con parole suadenti. Rammentano a Zarathustra che il
mondo lo attende come un giardino: tutte le cose sono ordinate in modo nuovo e
brillano alla luce della nuova conoscenza. Ma Zarathustra li smentisce
ironicamente, li chiama "maliziosi burloni e organetti cantastorie":
egli non si lascia lusingare dalle loro parole; essi, come il nano, hanno preso
il pensiero dell'eterno ritorno "troppo alla leggera".
Va sottolineato
che anche in questo brano, come nel precedente, Zarahustra non contrappone una
intepretazione della dottrina diversa da quella che gli viene presentata. Solo
indirettamente ci dice come essa deve essere intesa. Sia il nano che gli
animali, quando parlano del circolo, si collocano al di fuori di esso. Cosм il
nano, di fronte alla porta carraia, dice che le due vie convergeranno
all'infinito. Ma Zarathustra dice invece che esse "sbattono la testa l'una
contro l'altra". Infatti, se ci collochiamo nell'attimo, non come semplici
spettatori, ma come agenti attivamente, le due vie del passato e del futuro non
convergono, ma scorrono in direzioni contrarie.
L' essenziale
della dottrina и che il futuro и frutto di una decisione: l'anello si chiude
nell'attimo che и il centro del contrasto. L'eternitа non и quindi qualcosa di
esteriore e di eternamente uguale, ma и nell'attimo, che и lo scontro di futuro
e passato e che determina il modo in cui tutto ritorna. L'attimo и la cosa piщ
breve ma al tempo stesso piщ compiuta, in cui si puт afferrare la totalitа del
ritorno: nell'immagine, questo и l'anello vivente del serpente.
La terza
comunicazione della dottrina dell'eterno ritorno
La terza
comunicazione si trova in Al di lа del bene e del male, nell'aforisma n. 56 del
terzo capitolo, intitolato "L'essere religioso". Tale brano nella sua
parte finale fa un qualche riferimento alla divinitа. Nel descrivere l'ideale
dell'uomo vitale, che dice sм alla vita e alla sua infinita ripetizione,
l'aforisma termina con la frase: "circolus vitiosus deus?", laddove
il circolus и l'anello del ritorno, il vitiosus fa riferimento a vitium, il
difetto, il patire, ciт che corrompe. Circolus vitiosus и dunque l'anello che
fa ritornare anche questo vitium, ossia il male e il dolore. E il deus?
Nell'ateismo peculiare di Nietzsche il dio non puт essere che una domanda.
Nell'esperienza tragica dell'ente, determinato dall'anello tremendo dell'eterno
ritorno, sorge la domanda del dio, intorno al quale, come scrisse Nietzsche
dicianovenne, "tutto diventa mondo". Ma se il dio cui si fa
riferimento и "solo" una domanda, anche lo stesso pensiero
dell'eterno ritorno и "solo" una domanda.
L' esposizione
dell' eterno ritorno non rinvia ad una dottrina filosofica o ad una teoria
scientifica; tutte e tre le comunicazioni sono domande espresse in forme e
gradi diversi. Dobbiamo dunque domandarci che cosa sia nella sua forma questo
pensiero che non puт essere costretto nelle nostre rubriche abituali, ma, al
contrario, deve portare noi a svincolarci da ciт che и abituale.
Prendiamo ora in
visione ciт che N. ha pensato sull'eterno ritorno, senza perт renderlo
pubblico.
Il pensiero
dell'eterno ritorno nelle annotazioni non pubblicate
La pubblicazione
dei frammenti postumi ci attesta della presenza del pensiero capitale di N. dal
1881 al 1889, sia pure in forme diverse a seconda dell'ambito e della direzione
in cui si muove il suo pensiero filosofico. Tentiamo ora di descrivere, secondo
l'ordine cronologico, le annotazioni che trattano di questo pensiero.