Mondo e vita come "divenire"

К оглавлению1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 
 18 19 20 21 22 23 24  26 27 28 29 30 31 32  
34 35 36   39 40 41  43 44 45 46 47 48 49 50 
51 52 53 54  56  58 59 60 61 62 

Se tuttavia il mondo avesse un carattere transeunte e instabile, allora la veritа - intesa come ciт che и stabile e fisso - sarebbe una fissazione di ciт che и diveniente, e quindi sarebbe ad esso inadeguata. Il vero - inteso nel senso del corretto - non si regolerebbe sul divenire. La veritа sarebbe dunque non-correttezza, errore, "illusione" necessaria.

Il detto di N. secondo cui la veritа и appunto una illusione, implica, perт, contemporaneamente, l'essenza della veritа come correttezza, ossia adeguazione a ciт che "и"; solo se il mondo "и" un mondo diveniente, la veritа nel senso di ciт che и stabile puт essere definita una illusione.

Ma l'interpretazione del mondo come divenire и altresм una posizione di valori, deriva cioи dalla vita. Scrive N. nel brano n. 577 della Volontа di potenza:

"Contro il valore di ciт che rimane eternamente uguale (vedi l'ingenuitа di Spinoza come pure di Descartes) c'и il valore di ciт che и piщ breve e transeunte, il seducente scintillio dorato sul ventre del serpente vita".

Qui N. pone un valore contro l'altro, espressioni di diverse vedute dell'essenza della vita: la vita che si consolida e si fissa, e la vita come "serpente", che continuamente si arrotola, eternamente diveniente. La veritа come tenere-per-vero e fissarsi su un "cosм и" non puт essere il valore supremo, perchи rinnega il carattere diveniente della vita, nondimeno и un valore necessario. Ma se il vero significa lo stesso che l'ente, ed il vero non и il valore supremo, allora nemmeno l'ente puт costituire l'essenza del mondo.

Per approfondire queste questioni, domandiamo ora come si determina in N. il conoscere, dato che in lui, come in tutti i pensatori moderni, l'essenza della veritа si determina partendo dall'essenza della conoscenza.

 

Il conoscere come schematizzazione di un caos secondo il bisogno pratico

Conoscere non и per l'uomo qualcosa di occasionale o di legato a una teoria della conoscenza, bensм и un comportamento in cui l'uomo sta da sempre, in cui egli si rapporta all'ente e a se stesso. Conoscere il conoscere nella sua essenza significa riandare al fondamento essenziale giа aperto, ma non ancora esplicato; tale meditazione sul sapere fa parte della storia dell'uomo occidentale.

Per quanto riguarda N., l'affermazione decisiva sulla sua concezione della conoscenza, и contenuta all'inizio del brano n. 515 della Volontа di potenza:

"Non "conoscere" ma schematizzare, - imporre al caos tutta la regolaritа e tutte le forme sufficienti al nostro bisogno pratico".

Conoscere dunque non nel senso di riprodurre un'immagine-copia della realtа, ma "schematizzare"; con questo termine - che richiama l'essenza del pensiero secondo le categorie e i loro schemi, e rinvia quindi al medesimo contesto teorico di Platone e di Aristotele - N. intende l'imposizione al "caos" di forme regolatrici, determinata dal nostro "bisogno pratico". Con ciт sono dati gli elementi essenziali della concezione della conoscenza in N.; essa, nonostante sia in contrasto con la nostra rappresentazione abituale, che riferisce il conoscere ad un mondo ben ordinato e non ad un "caos", si collega alla grande tradizione del pensiero metafisico. Ad essa si perviene "risalendo" oltre il comportamento conoscitivo, fino a quell'atto originario da cui scaturisce il conoscere stesso. Questo conoscere il conoscere, in base alla sua provenienza e alle sue "condizioni", и il passo ricco di conseguenze, compiuto dai primi pensatori greci, mediante il quale si decide l'essere dell'ente. Si tratta ora di vedere in quale misura N. - riallacciandosi alla tradizione - porti fino in fondo le estreme conseguenze di queste decisioni.

 

Se tuttavia il mondo avesse un carattere transeunte e instabile, allora la veritа - intesa come ciт che и stabile e fisso - sarebbe una fissazione di ciт che и diveniente, e quindi sarebbe ad esso inadeguata. Il vero - inteso nel senso del corretto - non si regolerebbe sul divenire. La veritа sarebbe dunque non-correttezza, errore, "illusione" necessaria.

Il detto di N. secondo cui la veritа и appunto una illusione, implica, perт, contemporaneamente, l'essenza della veritа come correttezza, ossia adeguazione a ciт che "и"; solo se il mondo "и" un mondo diveniente, la veritа nel senso di ciт che и stabile puт essere definita una illusione.

Ma l'interpretazione del mondo come divenire и altresм una posizione di valori, deriva cioи dalla vita. Scrive N. nel brano n. 577 della Volontа di potenza:

"Contro il valore di ciт che rimane eternamente uguale (vedi l'ingenuitа di Spinoza come pure di Descartes) c'и il valore di ciт che и piщ breve e transeunte, il seducente scintillio dorato sul ventre del serpente vita".

Qui N. pone un valore contro l'altro, espressioni di diverse vedute dell'essenza della vita: la vita che si consolida e si fissa, e la vita come "serpente", che continuamente si arrotola, eternamente diveniente. La veritа come tenere-per-vero e fissarsi su un "cosм и" non puт essere il valore supremo, perchи rinnega il carattere diveniente della vita, nondimeno и un valore necessario. Ma se il vero significa lo stesso che l'ente, ed il vero non и il valore supremo, allora nemmeno l'ente puт costituire l'essenza del mondo.

Per approfondire queste questioni, domandiamo ora come si determina in N. il conoscere, dato che in lui, come in tutti i pensatori moderni, l'essenza della veritа si determina partendo dall'essenza della conoscenza.

 

Il conoscere come schematizzazione di un caos secondo il bisogno pratico

Conoscere non и per l'uomo qualcosa di occasionale o di legato a una teoria della conoscenza, bensм и un comportamento in cui l'uomo sta da sempre, in cui egli si rapporta all'ente e a se stesso. Conoscere il conoscere nella sua essenza significa riandare al fondamento essenziale giа aperto, ma non ancora esplicato; tale meditazione sul sapere fa parte della storia dell'uomo occidentale.

Per quanto riguarda N., l'affermazione decisiva sulla sua concezione della conoscenza, и contenuta all'inizio del brano n. 515 della Volontа di potenza:

"Non "conoscere" ma schematizzare, - imporre al caos tutta la regolaritа e tutte le forme sufficienti al nostro bisogno pratico".

Conoscere dunque non nel senso di riprodurre un'immagine-copia della realtа, ma "schematizzare"; con questo termine - che richiama l'essenza del pensiero secondo le categorie e i loro schemi, e rinvia quindi al medesimo contesto teorico di Platone e di Aristotele - N. intende l'imposizione al "caos" di forme regolatrici, determinata dal nostro "bisogno pratico". Con ciт sono dati gli elementi essenziali della concezione della conoscenza in N.; essa, nonostante sia in contrasto con la nostra rappresentazione abituale, che riferisce il conoscere ad un mondo ben ordinato e non ad un "caos", si collega alla grande tradizione del pensiero metafisico. Ad essa si perviene "risalendo" oltre il comportamento conoscitivo, fino a quell'atto originario da cui scaturisce il conoscere stesso. Questo conoscere il conoscere, in base alla sua provenienza e alle sue "condizioni", и il passo ricco di conseguenze, compiuto dai primi pensatori greci, mediante il quale si decide l'essere dell'ente. Si tratta ora di vedere in quale misura N. - riallacciandosi alla tradizione - porti fino in fondo le estreme conseguenze di queste decisioni.