L'interpretazione "morale" della metafisica in Nietzsche
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N. pensa la morale in riferimento all'ente nel suo insieme, e, quindi, in termini metafisici. Da un lato, perт, intende per morale ogni sistema di giudizi di valori e di "rapporti di potere" sotto i quali, come scrive in Al di lа del bene e del male, "prende origine il fenomeno "vita" " (af. n. 19); dall'altro, "morale" significa invece quel sistema di valori che si identifica nel platonismo e nel cristianesimo. In questo senso, la morale и quella dell' "uomo buono", la cui volontа si assoggetta al mondo soprasensibile e ad ideali che sussistono in sи.
Questa forma di volontа, che si configura come una sorta di impotenza dell'uomo ad avere potenza, и, tuttavia, soltanto un caso speciale della volontа di potenza. L' "uomo buono" non sa che quei valori, ai quali si sottomette, non sono che le condizioni della volontа di potenza poste dalla volontа di potenza stessa. In ciт consiste la sua "ingenuitа iperbolica", cui si accenna nella conclusione del brano n. 12:
"L'iperbolica ingenuitа dell'uomo и ancor sempre il postulare se stesso come senso e misura del valore delle cose".
L'"ingenuitа" non sta nel fatto che l'uomo ponga i valori e postuli se stesso come misura e senso, e quindi antropomorfizzi l''ente, bensм nel non sapere che и lui a farlo. Di tale ingenuitа l'uomo rimane prigioniero, fintanto che non acquista coscienza della antropomorfizzazione, e non la mette in atto consapevolmente. In ciт consiste la trasvalutazione, che deriva dalla cognizione dell'origine dei valori. In un brano della Volontа di potenza, che risale al 1888, N. ha cosм riassunto il nuovo compito dell'uomo:
"Tutta la bellezza e la sublimitа da noi prestata alle cose reali e immaginarie voglio rivendicarla come proprietа e prodotto dell'uomo: come la sua piщ bella apologia. L'uomo come poeta, come pensatore, come Dio, come amore, come potenza: oh, dimentico della regale generositа con cui ha donato alle cose, per impoverirsi e per sentirsi miserabile! E' stato questo finora il suo piщ grande disinteresse, di aver ammirato e adorato e saputo nascondersi di essere stato lui a creare ciт che ha ammirato".
L'uomo che deve reclamare tutto per sи come proprio, и l'uomo che sa di essere volontа di potenza, e, in tale consapevolezza si erge dinanzi all'ente nel suo insieme fino all'incondizionato dominio. L'uomo di questo dominio и il superuomo (Ueber-Mensch), ossia l'uomo che si dispone come il centro dell'ente. Nella metafisica, cosм come N. la interpreta, и quindi decisiva l'antropomorfizzazione dell'ente; questa metafisica, come nessuna precedente, spinge l'uomo nel ruolo di misura unica e incondizionata di tutte le cose.
N. pensa la morale in riferimento all'ente nel suo insieme, e, quindi, in termini metafisici. Da un lato, perт, intende per morale ogni sistema di giudizi di valori e di "rapporti di potere" sotto i quali, come scrive in Al di lа del bene e del male, "prende origine il fenomeno "vita" " (af. n. 19); dall'altro, "morale" significa invece quel sistema di valori che si identifica nel platonismo e nel cristianesimo. In questo senso, la morale и quella dell' "uomo buono", la cui volontа si assoggetta al mondo soprasensibile e ad ideali che sussistono in sи.
Questa forma di volontа, che si configura come una sorta di impotenza dell'uomo ad avere potenza, и, tuttavia, soltanto un caso speciale della volontа di potenza. L' "uomo buono" non sa che quei valori, ai quali si sottomette, non sono che le condizioni della volontа di potenza poste dalla volontа di potenza stessa. In ciт consiste la sua "ingenuitа iperbolica", cui si accenna nella conclusione del brano n. 12:
"L'iperbolica ingenuitа dell'uomo и ancor sempre il postulare se stesso come senso e misura del valore delle cose".
L'"ingenuitа" non sta nel fatto che l'uomo ponga i valori e postuli se stesso come misura e senso, e quindi antropomorfizzi l''ente, bensм nel non sapere che и lui a farlo. Di tale ingenuitа l'uomo rimane prigioniero, fintanto che non acquista coscienza della antropomorfizzazione, e non la mette in atto consapevolmente. In ciт consiste la trasvalutazione, che deriva dalla cognizione dell'origine dei valori. In un brano della Volontа di potenza, che risale al 1888, N. ha cosм riassunto il nuovo compito dell'uomo:
"Tutta la bellezza e la sublimitа da noi prestata alle cose reali e immaginarie voglio rivendicarla come proprietа e prodotto dell'uomo: come la sua piщ bella apologia. L'uomo come poeta, come pensatore, come Dio, come amore, come potenza: oh, dimentico della regale generositа con cui ha donato alle cose, per impoverirsi e per sentirsi miserabile! E' stato questo finora il suo piщ grande disinteresse, di aver ammirato e adorato e saputo nascondersi di essere stato lui a creare ciт che ha ammirato".
L'uomo che deve reclamare tutto per sи come proprio, и l'uomo che sa di essere volontа di potenza, e, in tale consapevolezza si erge dinanzi all'ente nel suo insieme fino all'incondizionato dominio. L'uomo di questo dominio и il superuomo (Ueber-Mensch), ossia l'uomo che si dispone come il centro dell'ente. Nella metafisica, cosм come N. la interpreta, и quindi decisiva l'antropomorfizzazione dell'ente; questa metafisica, come nessuna precedente, spinge l'uomo nel ruolo di misura unica e incondizionata di tutte le cose.